Retroapocalissi. Cinque microromanzi sul collasso

«C’è un quadro di Klee che si chiama Angelus Novus. Vi è rappresentato un angelo che sembra in procinto di allontanarsi da qualcosa su cui ha fisso lo sguardo. I suoi occhi sono spalancati, la bocca è aperta, e le ali sono dispiegate. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti, egli vede un’unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che l’angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui». (W. Benjamin, Sul concetto di storia, Einaudi 1997, pp. 35-37). Esistono molti eventi apocalittici nel passato remoto e recente di Homo sapiens. Queste retroapocalissi sono tutto ciò che serve per immaginare eventi plausibili in quel futuro prossimo che si dice inimmaginabile. Soggetti per romanzi, cronotopi meditabili come una volta si faceva con i Novissimi, scenari per un manuale di psicosopravvivenza. Eccone cinque.

Collasso dell’Età del Bronzo (1200-1050 a.C)

Anatolia: un pastore pascola le capre tra le rovine di una grande città. Egeo: un pescatore fugge da un’isola da cui si alzano colonne nere d’incendio. Crollano le grandi economie di palazzo, si entra in un medioevo rurale fatto di villaggi sparsi e regressione tecnico-culturale. Collassano i regni ittiti e micenei, collassano i regni di Siria, Egitto e Canaan.  I commerci s’interrompono, l’alfabeto e la scrittura regrediscono. Quasi tutte le città più importanti vengono distrutte in modo violento, e mai più ricostruite. Micene. Troia. Ugarit. La caduta delle culture dell’Età del bronzo è così verticale e repentina che il ricordo delle civiltà precedenti alimenta il mito di un’Età dell’Oro. Si entra invece nell’Età della paglia, del formaggio, dello sterco di capra. Alcuni popoli ci metteranno mille anni per rialzarsi. Altri scompariranno tra le sabbie. Le concause sono varie: sequenze ravvicinate di terremoti, invasione di irrequietissimi popoli del nord e del mare, le armi di ferro che battono le armi di bronzo, la diversione delle tempeste atlantiche che porta periodi prolungati di siccità, desertificazione delle terre, dissesti climatici con gelate primaverili ed estive, carestie, diaspore di popoli, saccheggi alimentari, vaiolo. Ma anche un’eccessiva burocratizzazione e specializzazione politica nell’organizzazione delle città-stato, che porta la complessità a una devoluzione sociale. Immaginare un alto funzionario di Ugarit che scampa alla distruzione della città e, ormai vecchio, racconta ai nipoti allevatori di capre il mondo di cultura e benessere in cui ha vissuto da giovane. Il loro scetticismo. Il gusto di selvatico nel latte.

Apocalisse gotica (536-542 d.C.)

Una megaeruzione in Islanda oscura di cenere il cielo del pianeta. La temperatura si abbassa di qualche grado. Italia. Alto medioevo. L’estate non arriva, nevica, i raccolti marciscono, l’uva sulle viti non matura. Il sole appare freddo, azzurro, come una luna. Per due anni il ciclo stagionale s’interrompe, la carestia è ovunque. Nel frattempo infuria la guerra greco-gotica, con assedi, battaglie, massacri. Le città si spopolano. La stagnazione economica tocca tutto l’Impero, preparando il terreno per la peste bubbonica. Naviganti e derrate alimentari dal nord-Africa portano il batterio della Yersinia pestis, stesso ceppo della peste nera del Trecento. Al massimo della pandemia, a Costantinopoli, muoiono fino a 10.000 persone al giorno, la popolazione urbana si dimezza, invece nel Mediterraneo orientale, nelle campagne, muoiono 3 persone su 10. Nelle città non c’è più spazio per seppellire i morti. In totale si parla di circa 100 milioni di vittime. Ovviamente la peste condiziona la guerra. Deportazioni, città completamente svuotate, regioni deserte, perdita del sistema viario, isolamento, avanzata delle foreste e dei lupi. Bande di briganti, di disertori, di affamati che cedono al cannibalismo. Immaginare la storia di due fratelli, 12 e 15 anni, che da una piccola isola del Mediterraneo sfuggono alla coscrizione e vagano nell’Italia devastata all’insensata e improbabile ricerca di qualcuno, forse il nonno materno.

LOrda cavalca sullorizzonte euro-asiatico (1206-1368 d.C.)

Dicembre 1237, città di Rjazan, Terre dei Rus’. Un drago composto da decine di migliaia di corpi umani schiaccia e arde la città di legno. Una città dopo l’altra viene inghiottita dalle fiamme. La neve è rossa di sangue a perdita d’occhio. Come su una mappa posata sulle braci, le città dei Rus’ soccombono una a una sotto al drago che non sembra saziarsi. Poi è la volta di Polonia, Ungheria, Croazia. L’orda mongola ha tecniche militari semplici ed efficaci e il trattamento dei vinti consolida la vittoria: tutti i guerrieri nemici sono uccisi sul campo, le città vengono rase al suolo, donne, vecchi e bambini vengono trucidati, gli artigiani e i commercianti sono massacrati o incorporati nell’esercito, i nobili vengono uccisi con pratiche crudeli. Sangue degli sconfitti bevuto dai vincitori. Cumuli di teste visibili per anni. Sacchi pieni di orecchie destre. In tutto forse 40 milioni di morti. Febbraio 1258, Bagdad. Bayt al-Hikma è la più grande biblioteca del mondo. Ci sono tutti i testi conosciuti dell’antichità, filosofia, matematica, poesia, medicina, astronomia, in lingua greca, copta, ebraica, siriaca, sanscrita, mediopersiana. I Mongoli gettano nel Tigri decine di migliaia di volumi, tanto che nel fiume si forma una diga di carta e l’inchiostro disciolto tinge l’acqua per chilometri. Immaginare un guerriero mongolo, la sua vita quotidiana, le marce e le cariche a cavallo, la normalità dello stupro, del tagliare bambini in due, del dare libri alle fiamme. Accompagnarlo in un viaggio senza rivalsa e senza giustizia.

Invasione aliena europea (1492-1550 d.C)

Americhe. Le navi dei conquistadores appaiono tra i tronchi delle foreste di mangrovie. I piedi che affondano nel fango, le armature inzaccherate. Decine di miglia insostenibili prima di sentire sotto i piedi un terreno solido. Paludi infestate da caimani e serpenti. Cavalli impantanati. Nell’aria odore di carne e pesce affumicati. Primi contatti. Inganni. Scaramucce. Primi omicidi occasionali, primi massacri. Poi vaiolo, morbillo, varicella, influenza. Nell’arco di 150 anni, l’80- 95% della popolazione delle Americhe perisce. 9 persone su 10. In totale, tra epidemie e massacri, 100 milioni di persone, un quinto della popolazione mondiale. Nel 1493 i nativi di Santo Domingo, a causa dell’influenza suina, passano di colpo da più di 1 milione a 10.000 individui. Il vaiolo facilita il massacro degli Inca da parte di Pizarro. Lo sterminio e la segregazione, studiati e in parte presi a modello da Hitler, si fondano su vari metodi: spostamenti forzati, distruzione dell’habitat, schiavitù, sterminio attraverso il lavoro, guerra batteriologica, massacri, diffusione dell’alcol, marce forzate. «Nessuno riuscirebbe a raccontare, nessuno riuscirebbe a credere tutti gli episodi di crudeltà che in quei luoghi sono avvenuti. Ne narrerò soltanto due o tre che ora mi sovvengono. Gli sciagurati spagnoli andavano attorno coi loro cani feroci a dar la caccia e a far divorare gli indiani, uomini o donne che fossero. Un’indiana malata, rendendosi conto che non sarebbe riuscita a sfuggire dai cani e che sarebbe stata sbranata come tanti altri, si legò a un piedi un suo bambinello d’un anno e s’impiccò a un trave. Ma non fu abbastanza lesta a farlo ché in un baleno giunsero i feroci animali e l’infante fu dilaniato» (Brevissima relazione della distruzione delle Indie di Bartolomé de Las Casas). Immaginare la storia di quel bambino fino all’arrivo dei conquistadores.

Influenza terrestre (1917-1919 d.C.)

Europa. Un letto di ospedale. Mille letti d’ospedale identici. I malati come fantasmi. I dottori che girano tra i letti come zombie o come becchini. È il virus dell’influenza H1N1. In totale 100 milioni di morti, 500 milioni di malati. Mentre l’influenza comune uccide di solito bambini, vecchi e individui più deboli, l’influenza spagnola colpisce giovani adulti sani. La morte arriva per insufficienza respiratoria e per iperreazione immunitaria: più si è forti e sani più la reazione immunitaria è violenta e fatale. In genere la morte è però determinata dai lunghi periodi di degenza a contatto con altri malati, quindi dal rischio di superinfezioni batteriche, di solito polmonite. Tosse, dolori lombari, febbre, sangue nei polmoni, morte nel giro di pochi giorni. Visto l’alto numero di malati si allestiscono vasti ospedali da campo. Le più colpite sono le donne incinte. Un quarto di quelle sopravvissute perde il bambino. Invece di scoppiare in inverno, la pandemia comincia in estate. Il paese meno colpito è il Giappone, con solo 257.363 morti. In Nuova Caledonia la quarantena funziona e non ci sono vittime. Immaginare uccelli infetti che volano sulle trincee, sui campi militari, sull’ospedale di Èstaples in Francia. Gli uccelli defecano. Il virus muta e si trasmette ai maiali del campo. Soldati in trincea e in ospedale che mangiano zuppa con carne suina. Cinque personaggi che contraggono la malattia a Èstaples (Francia), Kansas (America), Tonga (Oceania), Sierra Leone (Africa) e Labrador (Artico canadese). La morte che li rende uguali, Homo sapiens come una bolla di sapone.

Matteo Meschiari

Immagine: Howard Finster, God is Love. Seek his will and find his peace he saves from sin, 1970 ca.

3 pensieri riguardo “Retroapocalissi. Cinque microromanzi sul collasso

  1. Splendida descrizione che prenderò in prestito nel periodo delle vaccinazioni antiinfluenzali. Mi vengono in mente alcune considerazioni: nell’epoca dell’Antropocene ci sono alcune variabili che forse nei secoli precedenti non esistevano. Quelle rappresentate dalla tecnologia: se anche andassimo incontro a periodi di siccità è verosimile che la tecnologia esistente possa fornire rimedi con la produzione di acqua dalla umidità atmosferica o con i sistemi di condensazione ad energia pulita. Oppure la necessità di ulteriore energia fornita da molti sistemi oggi collaudati. Verosimilmente quindi in un prossimo (a breve?) futuro una fetta di umanità dovrebbe riuscire a mantenere i lussi cui è abituata grazie alle ricchezze virtuali ed impalpabili di bit elettronici che transitano attraverso conti bancari inattaccabili mentre la solita grossa fetta di popolazione priva di conoscenze e di idonea istruzione ne resterà sprovvista. Lo stesso per la tutela della salute: potrà curarsi solo chi saprà dove rivolgersi, a chi rivolgersi e avrà previsto la copertura economica grazie ad assicurazioni e tecniche di prevenzione adeguate. In sostanza la vecchia musica che recita la salvezza del ricco nei confronti del povero si suonerà ugualmente nel prossimo futuro: cambieranno alcuni strumenti tecnologici che permetteranno di mantenere uno standard di vita inalterato quando nel passato – forse – erano un po’ più allineati ricchi e meno ricchi e finivano magari nello stesso campo di concentramento o nella stessa fossa comune. Oggi l’alfabetizzazione a tutti i livelli permetterà una migliore sopravvivenza a chi saprà possederla. Prima ancora di un nutrito conto in banca. Meglio se ci saranno entrambi i fattori.

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    1. Queste variabili sono quelle che infatti vogliamo analizzare, sviluppare, raccontare che, poco da discutere, qualcosa è cambiato. Ci sono logisticamente e scientificamente -oltre che narratologicamente- alcuni momenti topici che si ripetono, quasi i cardini del racconto e del vivere su questo pianeta.

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