L’ultima fiaba

Primo pomeriggio, dopo il riposo senile, consueto, coperto con il lenzuolo fin sopra il naso. Il corpo si fonde con la stanza che è un porticciolo pieno di barche appena rientrate dalla notte di pesca, con la luna nel barile e le canne immolate, per la buona fortuna, nella schiuma ingorda e spietata. La donna lievita nel sonno e raggiunge una dimensione magica. Apre gli occhi sul tardi, a sogno compiuto, con il velo che le insidia le iridi azzurre ancora vivaci, e cerca la ragazzina. La chiama. Ha il timbro del legno limpido la voce dei suoi novantacinque anni e cerca la via nelle orecchie della nipote fino al punto dell’equilibrio, per poi disperdersi soffiando contro il muro. “Stellina”, dice piano piano, “Ho visto un tale, poco fa. Mi ha detto che è un bene per l’umanità iniziare a trasformare tutto per poter sopravvivere. Si tratterebbe di ridurre prima la quantità e poi la qualità delle cose. A quanto pare, è l’unica strada per la salvezza. Pochi oggetti poco cibo poche parole pochi sentimenti poco lavoro poca acqua poche persone pochi vestiti poca luce poco rumore poco tutto. Bisogna sapersi adattare. Dopo che si è appreso ad avere, a fare e a dire poco, l’intelligenza provvederà a scomporre le cose visibili in sottoinsiemi perfettamente isolati gli uni dagli altri e non sarà più possibile comprendere il senso delle cose e delle parole. Da quel momento irreversibile, potrà iniziare una nuova e fantastica vita.”
La matriarca muore insieme all’ultima parola del suo discorso strano senza soluzione di continuità. Muore con la bocca opaca, gli occhi socchiusi. Non ha senso, pensa la ragazzina. Non le vibrano le corde, non chiede aiuto. L’inquietudine sale e sale in un crescendo disarmonico. Vorrebbe incontrare quel tale che era con la sua donna, ma non lo trova in nessuna parte della stanza. Decide allora di sdraiarsi accanto a quel corpo deserto, di spegnere lo sguardo e immaginare la nuova forma di esistenza prospettata dal fantasista sconosciuto. “Quel tale ha detto la cosa più giusta che io abbia sentito da quando sono nata”, sussurra con candore, sorridendo.

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