La Grande Estinzione + il Crollo della società occidentale nel flusso

In un giugno molesto perché piovoso e umido, sotto un tendone bianco, nell’ultimo giorno del Rio +20 -Conferenza per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite massicciamente sponsorizzata in tutta la città brasiliana dalla Siemens- un uomo spiega a che punto siamo come civiltà. Tra gli astanti probabilmente sono l’unico che non conosce, siamo in pochi, lui sembra un professore universitario di quelli che io non ho conosciuto, che riducono la prossimità con studenti, che gesticolano e sembra voglia abbracciarti mentre lo ascolti, di quelli che credono che “il modo migliore per indirizzare i Re sia sussurrargli all’orecchio quando sono giovani”. L’uomo smette subito di parlare di chimica, non da le cifre perché, dice lui, i numeri le cifre sono coordinate fino a un certo punto utili per noi esseri umani. Prende un pennarello e comincia invece a disegnare su un grande foglio bianco appeso a una lavagna che ha appena dietro.

L’uomo non è un gran disegnatore ma mentre muove il pennarello su e giù racconta una storia di soldi, forse una storia preparata o un racconto pieno di partite a poker, debiti universitari, strozzini, gente che non vuoi incontrare e la speranza che domani le cose migliorino o di non incontrare il tipo grosso incaricato di riscuotere. Alla fine sento, e vedo, la prima legge dei buchi.

questo è un grande disegno e l’ho trovato su google.

Poi sono andato a bere allo stand più bello, affollato e meglio frequentato della Conferenza ovvero il padiglione dell’Enel o forse era l’Eni.

“Se sei in un buco, smetti di scavare”.

Ci sono ovviamente alcuni motivi profondi, bias, caratteristiche e ritardi evolutivi per cui non è dimenticabile la prima legge dei buchi ma non è altrettanto facile applicarla. Ne riconosciamo la verità immediatamente ma chi davvero la applica se esistenzialmente dentro una fossa? Inutile dire: ecco una metafora, in un disegno approssimativo, della condizione dell’Umanità verso la fine dell’adolescenza tecnologica e la “capacità portante” dell’atmosfera al carico di CO2 che nella stessa immettiamo.

I dati, i numeri del cambiamento climatico sono, come da qualche altra parte ho detto, utili a chiarire il problema quanto “l’immagine dell’ossigeno a chi sta annegando” (cit.). Perché non siamo particolarmente forti a contare o immaginare un certo livello di grandezze, come specie intendo. Siamo forti a sottoporci a un certo livello di biohacking per imparare a usare arco e frecce e riusciamo a sopportare la prossimità di altri sapiens ignorandoli come ignoriamo le pubblicità sul web. Siamo però più forti a raccontare le storie, per cercare approssimazioni del mondo e via dicendo. Questo è il motivo per cui un libretto come La grande estinzione di Meschiari è scritto così e contiene incisi, citazioni, evocazioni e non dati o programmi o soluzioni e questo è il senso di dire che fiction is action. Una macchina ad hardware biologico e software narrativo. Siamo hackerabili con una storia, meglio una narrazione, agiamo per il bene collettivo se la storia giusta arriva, si compone, tra tanti e molti. Ma questa storiella apparentemente motivazionale, con uno slogan meschiariano che motivazionale sembra, questa fusione apparentemente a freddo tra uno stato di catastrofe e il Narrare, anche questo ha un valore e una capacità propulsiva. Spencer Wells, autore di un libro importantissimo oltre che genetista di fama internazionale, mette proprio in diretta relazione un evento con uno scenario da true The Road ovvero la megaeruzione del vulcano Toba e l’invenzione della cultura e del narrativo come sistema per superare l’inverno “nucleare” dato che, beh, i nostri geni non si sarebbero adattati abbastanza velocemente per consentirci la sopravvivenza. Ci siamo adattati quella volta, in qualche modo, dopo esserci ridotti a qualche migliaio di essere umani ma di questo se ne parlerà con TINA prima. Il flusso è unico e il caos è “troppo a caso”.

Ho assistito alla spiegazione della Prima legge dei buchi nel 2012.

Mentre scrivo sono un’altra persona e il Cop25 di Madrid 2019 sta fallendo, sembra proprio che abbia fallito.

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Deep Impact (1998)

Come ho detto ho finito da poco di leggere il Nuovo Leviatano di Mann e Wainwright, Treccani. Bello, utile, interessante, quando non cerca di usare le fiction della politica di fronte ai prossimi life altering event come quelli che arriveranno con il riscaldamento + X gradi celsius. Sfortunatamente Gramsci ha molto da dire sul come essere donne e uomini e politici nell’Olocene e di fronte a un Cigno grigio come il Fascismo al potere ma niente di fronte alla prossima spinta evolutiva che sembra molto simile alla prossima occasione per estinguerci. Ordini di grandezza non politici, problemi multigenerazionali richiedono disegni, esempi, ritratti da quei tool che hanno funzionato per le centinaia di migliaia di anni di vita da sapiens, gli essenziali, perché le storie dibattute, dialettiche, facili come green economy, altre versioni di capitalismo, di maoismo, come di ecofascismo o di Inghilterra Domina, soffrono tutte di fronte al principio di realtà in qualche modo o cercano di riciclarsi per rimanere ancora un po’ sul mercato delle idee e nel cuore dei finanziatori nostalgici. Mann e Wainwright però ci provano ma lanciano una caramella importante, un vero consiglio di lettura, “leggete questo libro“, proprio alternativo alla loro narrazione del Piano X per il mondo di fronte al collasso dei sistemi umani dell’Antropocene Manifesto.

Il Crollo è un’opera composta. Saggio breve sul riscaldamento globale, cronaca di dibattiti e conferenze sul clima, fiction del futuro. La fiction è quella che rimarrà nelle menti dei lettori. Non i numeri, non il senso di impotenza mentre conferenza dopo conferenza i limiti sulle emissione di CO2 falliscono e paesi e nazioni-civiltà non riescono a mettersi d’accordo neanche di fronte a quello che ora, adesso, l’aritmetica del riscaldamento globale è un calcolo semplice, non è altro che una Catastrofe. In maiuscolo, perché non è un evento ma uno stato, il brodo in cui coltiveremo un’altra parte della genealogia umana.

Oreskes e Conway scrivono questo breve romanzo dopo aver scritto saggi, articoli, paper scientifici. È un’opera che definisce l’incubo manifesto di tanti scrittori e scrittrici di fantascienza e speculative fiction o la fiction che vi pare. Sappiamo che nel mondo della Atwood la “Società occidentale” è caduta e lo ha fatto contorcendosi, provando a salvare i propri geni, creando nuovi dei e comandamenti. Attentato dopo campo di concentramento, arma atomica dopo crisi demografica, in una catena di eventi disperati in cui la storia dell’Ancella è un momento di messa a fuoco del così muore una civilizzazione. Nella disperazione, con impiegati che hanno la possibilità di diventare macchine e demoni. Gli Stati uniti anche nel libro di Oreskes e Conway sono il Behemoth climatico -negano il cambiamento climatico, si preparano a fermare le “orde” di migranti climatici-. L’Europa ne Il Crollo collassa, tranne alcuni “stati”. Il Crollo della Società Occidentale (The Collapse Of Western Civilization: A View From The Future) è l’opera di uno studioso cinese del 2300, è la cronaca di questi anni in cui le conferenze sul clima falliscono, aerei con i delegati atterrano e decollano, ci sono aperitivi e rinfreschi. Oreskes e Conway scrivono del futuro per il futuro? Vogliono dire ai bisnipoti del nostro fallimento narrativo che alcuni sapevano, alcuni hanno detto le parole giuste, disegnato le scene, evocato gli scenari adeguati ma… Il Crollo della Società Occidentale è un’opera completa, breve, prova quasi tutte le armi del narrare e per questo andrebbe massicciamente letto, comprato, discusso nelle scuole, riportato nei libri e nei saggi. C’è il Mao Climatico che sopravvive e prospera, non sappiamo a quale prezzo di carne. Perché lo hanno scritto Oreskes e Conway come Offred e lo studioso cinese del collasso occidentale? È una testimonianza per gli uomini del futuro mentre nel presente non si ascolta?

E La Grande estinzione, il libretto pieno di domande e senza dati, che dice Fiction is action, ora che le profezie della climate fiction si avverano, i crolli della realtà ballardiana sono continui nella cronaca, è scritto per gli umani del presente?

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Come si affronta il Collasso adesso che sappiamo come si svolge?

C’è un ottimismo -scavo e troverò l’oro o una soluzione-, un ottimismo adattivo -ci siamo salvati 75.000 anni fa figuriamoci adesso-, c’è la noia – abbiamo comunque smesso di scavare, qualcosa cambi, a qualunque costo-.

Si può continuare ma ognuna di queste storie ha un conto del macellaio di livello cosmico, questa è la Grande Estinzione.

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