21/12/2019
Oggi lo schema critico, le parole chiave, il flusso tematico, i nomi di autori e autrici, romanzi e saggi, escono da la Grande Estinzione, dai social, dentro e fuori dal saggio omonimo di Matteo Meschiari e si ritrovano in una coerenza ordinata su La Lettura del Corriere della Sera in un ampio articolo e nella gestione del flusso informativo di Danilo Zagaria.
Per come pensiamo la letteratura vada, stia andando e andrà, ovvero specchio immaginifico del pianeta alla fine della pace climatica, Alla fine della storia di Zagaria segna un momento rilevante, di una forza affermativa ulteriore: Il Romanzo diffuso dell’Antropocene esiste.
I suoi segni sono ovunque e i suoi richiami e grida e inviti sono in Ghosh, Bruno Arpaia, Claire Cameron, Matteo Meschiari, Sam J. Miller, Jeff VanderMeer e nel progetto TINA per ancora citare parte della grande selezione di Zagaria sul Corriere.
Qualcosa si muove.
Il superamento in Italia del distopico come del romanzo borghese come motori di evocazioni e narrazioni è cominciato da qualche tempo. Stranded assets immaginifici e tool creativi abusati chiamano il loro stesso abbandono.
Romanzi e saggi che riconoscono l’efficacia narratologica della gabbia della complessità dell’Antropocene e la sua capacità cosmogonica sono in uscita nelle librerie, in lettura nelle redazioni editoriali, si stanno scrivendo ma lontani dalla solitudine in cui si è voluto si scrivesse.
Non è ancora una consacrazione questa per il Romanzo dell’Antropocene come categoria critica del romanzo, ne è invece una potente, chiara e coerente accettazione. È inevitabile che mentre il pianeta bolle e foreste ancestrali vanno in fiamme e la struttura chimica del suolo si tramuta, la narrazione non rimanesse ferma al salotto borghese, all’antiquariato narrativo, al distopico di maniera.
Fiction is action.