Romanzo di Soglia | Threshold Novel

Forse è a una vocazione all’annientamento la tenacia di alcuni a immaginare oasi che rimarranno intoccate dal collasso del Sistema-Terra. Gli editori si sentono immuni, gli scrittori si sentono immuni, si crede immune da cambiamento la mappa dei generi letterari. Invece l’Antropocene è una bomba culturale verticale che detona su un piano orizzontale, e attraversa tutto. Il collasso dei generi è in atto e la situazione è gassosa. Ma si sta profilando un vettore di spostamento che vogliamo provare a registrare.

Anzitutto i generi in scadenza:

Distopia “italica”: non basta spostare l’orologio “qualche anno nel futuro” e chiamare John Giovanni e New York Roma per travasare con successo qui da noi un genere molto instabile e molto tricky come la Dystopian Novel. Ad esempio, una distopia valida e credibile si regge sempre su un’utopia parallela implicita, che non può essere inventata in cinque minuti. Il pensiero utopico è una costruzione filosofica, non basta decostruire un paesaggio urbano, sociale, psicologico per ottenere una distopia. Proprio come c’è uno scarto abissale tra Tolkien e la letteratura fantasy: in mezzo c’è filologia, linguistica, pratica dell’epica arcaica e riflessione teorica sulla mitopoiesi. In Italia, dove si studia poco e si crede di aver capito tutto con una serie TV, si moltiplicano titoli (autodefiniti) distopici che riproducono il packaging ma che ripetono dinamiche narrative tradizionali. Forse è per questo che vendono anche meno del romanzo tardoborghese: non sanno cogliere lo zeitgeist narrativo.

Favola nera: mix tra Gothic/Horror Novel e semplificazione dell’intreccio in fabula, ha le ore contate per la mancanza di sforzi/capacità nell’inventare un folklore davvero radicato in un territorio reale. L’eziologia questa sconosciuta… Negromanti e corvi, morti oscure e pseudoleggende della nonna funzionano la prima volta solo se abbinate all’eterno mimetismo dell’assenza di invenzione: la lingua, la voce, la letterarietà. In genere, dopo un tentativo che raccoglie qualche recensione, l’autore deve cambiare genere e reinventarsi in qualcosa di più “vendibile”.

New Weird: genere molto più complesso di una banale distopia, richiede più talento e meno automatismi di genere, difficili da isolare e dunque da replicare. Più concetto valvola all inclusive che mappatura poetica di una tendenza socioculturale, qui in Italia ha pochi paladini. La sua morte sul nascere deriva dal fatto che per saperlo fare occorre studiare molto, immaginare molto, osare molto.

E qui i generi in ascesa:

Fairy Weird: Con Carnival Row di René Echevarria siamo entrati in una nuova zona politica: il neocolonialismo dell’immaginario. La rappresentazione di un mondo razzista, coloniale, specista a danno di figure del folklore tradizionale come fate e fauni è una trovata che si regge prevalentemente sulle atmosfere “vittoriane” e “ye olde London” già sdoganate da Taboo o Peaky Blinders. Toglietele e l’impalcatura crolla. Ma il discorso è articolato: rappresentare il colonialismo di specie per far passare in modo omeopatico una colonizzazione neoliberista dell’immaginario. Come? Se lo zombie di Romero passa da critica del sistema a icona di sistema (cioè da critica al capitalismo a metafora della giusta sacrificabilità delle masse), così la fata emarginata/erotizzata di Echevarria diventa paladina della radicalizzazione etnica e dell’estetica fascista del gruppo minoritario.

Collapse Thriller: illustra dell’accelerazionismo filosofico le dinamiche di scenario rinunciando al tool della theory-fiction. L’accentramento di risorse finanziarie e tecnologiche, l’espansione del diritto amministrativo penale della global war on terrorism, il senso della Fine della pace climatica dell’Olocene si combinano immettendo velocità nello svolgimento e realismo in personaggi e azioni. Eroi e villain si muovono nella gabbia della complessità, il tragico emerge in ogni azione esecutiva, estinzionismo ed eliminazionismo appaiono come sottotesto del motore narrativo. Ogni collapse thriller è due minuti nel futuro e prepara/precede/ritarda il collasso della società as we know it. È il romanzo del global catastrophic risk maturo.

Neo Animism: tra un certo Volodine e l’ultimissimo Jeff VanderMeer, ma ricordando anche Philip Pullman, è in risonanza con l’animismo degli antropologi. Già discusso su questo blog e articolato in senso narratologico nel pamphlet La Grande Estinzione, opera un lavoro di destrutturazione dei limiti ontologici di specie ma in una prospettiva politica diametralmente opposta a quella del Fairy Weird: smantellamento delle gerarchie di genere, desemantizzazione dei monoteismi, critica radicale agli esclusivismi culturali.

Dove andranno questi generi non è dato sapere, almeno per il momento. Ma sembrano tutti accomunati da un tratto forte che mostra che sanno intercettare lo zeitgeist narrativo: la comprensione che i flussi di racconto si trovano su una soglia di trasformazione, e l’insistenza nel rappresentare proprio questa soglia: soglia tra i mondi, soglia tra le specie, soglia tra l’adesso e il dopo, tra la norma e l’eccezione, tra l’ordine e il disordine, tra la vita e la sopravvivenza. Generi in ascesa che registrano uno status quo o generi che di fatto manipolano la percezione e producono il nuovo? Lo capiremo nei prossimi mesi.

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