Jeff VanderMeer poteva in Dead Astronauts fare davvero solo un prequel di Borne, limitarsi alla storia di tre umani in tuta NBC che si aggirano in una città sull’orlo del collasso…
… fa invece un quasi poema epico per quello che rimarrà dell’umanità + altri Kin senzienti dopo. Spoiler: la volpe blu è scritta per rimanere.
Esce oggi Finisterre di Matteo Meschiari per Nino Aragno Editore (Torino, 2019).
Meschiari ci ha messo un po’ a scriverlo, ci lavora dal 2001. Qualcosa negli ultimi mesi è successo perché l’idea creativa di Finisterre venisse definita, inquadrata. You nailed it, dopo una passeggiata, in un momento di biohacking nella foresta, durante una dieta, smettendo di fumare, in un margine di lucidità interiore nel flusso informativo. Doveva essere concluso ora che l’Antropocene non è più solo una discussione, una misura o una pre-visione.
Finisterre è un poema epico in versi e in quanto tale compone una cosmogonia, raccoglie e mette-in-sistema le grandi gesta di organico e inorganico.
Adesso era il momento giusto di finire il poema, adesso quello per pubblicarlo.
Qui sotto una descrizione e un assaggio. Se avete un poema antropocentrico, vi pubblichiamo un estratto sul blog.
* * *
Composto oralmente e poi trascritto, Finisterre è un poema epico di oltre 2000 versi che racconta la storia del pianeta, dai gas interstellari alla fine dell’umanità. Diviso in tre parti (Atomi, Uomini, Anime) si concentra su tre ere geologiche (Precambriano-Cenozoico, Pleistocene, Antropocene) e approfondisce tre temi universali (materia, coscienza, spirito). Ispirato al pensiero naturale dei Presocratici e di Lucrezio, all’epica babilonese, celtica e germanica, al poema narrativo contemporaneo (Walcott, White, Gaspar, Liscano, Heaney), propone una versione laica di genesi, esodo e apocalisse. Scritto in prima persona, mette in scena le memorie di un osservatore disincarnato, un io sapienziale che attraversa i luoghi e le epoche, un gruppo nomade nei paesaggi del Pleistocene, una ragazza sopravvissuta che raccoglie racconti. Per anni parti del poema hanno circolato in forma esclusivamente orale.
[lassa 49]
Leni restava in silenzio.
La gente guardava le sue mani
immobili sulle ginocchia
guardava il suo sguardo
perduto nella fiamma
nessuno diceva più niente.
Il gruppo di sopravvissuti
rabbrividì di solitudine
nell’abbraccio immenso notturno
si scoprì abbandonato
sotto stelle offuscate
sotto meduse di smog
sotto le fragili tende strappate.
Racconta disse qualcuno
e Leni dei racconti
senza muovere le mani
Leni senza alzare lo sguardo
riprese a raccontare
e la storia era la loro storia.
Voi non sapete disse la ragazza
non sapete chi siete
non sapete chi eravate
non sapete le parole
non sapete perché
eravate troppi
eravate vuoti
come tubi digestivi
come pagine bianche
come fame senza pensiero
come dieci parole
come scatole
la faccia vicina al piatto
era il vostro orizzonte
il pene nella vagina
era il vostro orizzonte
rifugio consumo ignoranza
erano il vostro programma
voi
Ma qualcuno la interruppe.
Chi sei tu che vieni da fuori
che ci dici cosa siamo
cosa non siamo
che vomiti le tue parole
sopra la nostra miseria
che parli dei nostri nonni
dei nostri padri
come se fossimo noi
come se fossimo stati noi
quelli a rubare e a distruggere
quelli che
Voi
disse Leni dei deserti
voi siete stati
voi che non c’eravate
voi che non avete rubato e distrutto.
Chi se non voi se non tu?
Nati per giustificarvi e perdonarvi
Nati per nascondervi e dormire.
Non è la vostra carne la vostra poca carne
a chiedere sempre troppo?
Non è la vostra voglia di avere?
Come volete che vi parli?
Volete storie di speranza di perdono?
Volete prati e boschi
giardini e orti
per piangere sui morti che amavate?
Volete acqua per la gola dell’anima
e pioggia per campi che non esistono?
Volete conforto di dei e resurrezioni
per rassegnarvi al doloroso presente?
Che cosa volete?
Vi racconto la bellezza delle bestie libere?
Vi racconto i bambini che crescono sani?
Volete il racconto dei mari pescosi
e delle praterie infinite sotto le stelle?
Siete sopravvissuti alle guerre e al morbo
avete commesso delitti per sopravvivere
avete smesso di guardarvi negli occhi
per imparare a uccidere e lasciare morire
ma se poteste ritornare lo rifareste
rifareste le stesse cose identiche
rifareste le code e i governi
rifareste i granai e i recinti
rifareste la polvere e i muri
rifareste anche
Raccontaci disse una voce piccola
piccole labbra tagliate
piccole palpebre nere
piccoli denti dondolanti
piccole mani.
Leni non la vide.
Era una piccola voce
venuta da fuori
venuta da dopo
slegata da tutto
slegata dalla vita.
Non la vide ma riprese a raccontare
raccontò degli uomini pallidi
raccontò degli uomini scuri
e la fine era il racconto.