The Gray Man

Mentre aspettiamo che Massimo Sandal, di cui dovremmo avere un altare in redazione per il suo La Malinconia del Mammut -ma avendo una redazione si è soggetti a forze centrifughe, all’entropia degli intenti- conceda un’intervista a questo blog, sentiamo il bisogno di parlavi del Gray Man. Per quelli che:

– hanno forse problemi irrisolti con la figura paterna e non riescono a leggere The Road come il Grande romanzo dell’Estinzione.

– che sono scrittori e scrittrici ma non importa il sottotesto, la metafora, il dibattito critico di qualità, la verticalità dei temi e altre cose troppe complicate per stare nella mente dello scrittore italiano.

-che al contrario di DeLillo, Scibona, Emily St. John Mandel, Pynchon, Vollmann, Atwood, scrivono ma sconoscono il gergo survivalista.

-fondano la proprio persona professionale e social sull’essere creativi e intellettuali ma non parlano o comprendono l’inglese.

il Gray Man è una figura topica della SecOp, la sicurezza operativa. Brevemente è il tipo umano che non attira l’attenzione, cammina per strada e nessuno lo nota, viene ignorato per come si veste, come si muove, cosa parla. È immune all’invidia perché nessuno vuole essere davvero come un gray man che riesce appunto a schermarsi dal risentimento e dalle brame. Il Gray man non ha niente che gli altri vogliano, non è esattamente niente di speciale o particolarmente intelligente. Se ha delle riserve nascoste, materiali, morali e soprattutto intellettuali (attenzione: stiamo già cambiando piano, layer, significato) le deve tenere ben nascoste perché in una catastrofe di cui non si conosce la fine potrebbe diventare un obiettivo della massa di affamati, di normie, di individui poco previdenti, di quelli che non si aspettano una catastrofe -magari- culturale e non credono nelle catastrofi perché vogliono essere liberi di causarne una. Non attirare l’attenzione, non mostrare skill davvero interessanti, è un comandamento del vivere in una situazione catastrofica. Sembrare intelligenti o capaci o creativi è un rischio nel mondo dei ciechi, degli stolidi, degli alienati.

Cercheremo di essere dei Gray men giorno 8 a Parma, ai Diari di Bordo, da Pisu & Saiz. Ci proveremo, tutti quanti, perché diventando degli uomini e delle donne grigie potremmo sembrare davvero persone interessanti e attirare l’attenzione e l’amicizia di quelli che sono grigi senza sforzo, normali, gli ottimisti ottimisti del business as usual, per cui non dobbiamo fare cose complicate perché la gente si confonde ed è sensibile se sei diverso e infatti poi sono tutti uguali.

Cancelliamo quindi il piano di dire cose complicate. Non ci sono temi urgenti da trattare. Pronti a inserirci nel dibattito (?) sui temi rilevanti nella letteratura italiana, torneremo a parlare di Pasolini, Tondelli, Morselli, rassegnati alla sapienza editoriale per cui fantascienza e post apocalittico non vendono senza un bel fugazi poetico, che un romanzo di genere è un romanzo di genere ma con i temi congelati a 40 anni fa, che la fiction non conta nel dibattito politico e l’Antropocene è una cosa che sapevano tutti, che avevano intercettato come ambiente culturale ma da un pezzo.

Avrei dovuto scrivere una mail di ringraziamento alla cinquantina di illustratrici e illustratori che hanno contribuito al progetto TINA, una mail che scriverò dopo, tra un po’, perché adesso sembra più importante essere grigi che se non lo sei ti aggrediscono e poi metti a rischio l’appetibilità del progetto TINA tutto agli editoriali che sembra gradiscano gli uomini grigi.

Confermiamo: adesso vogliamo stimolare l’interesse sul poco e nulla ovvero quello che sembra interessare e non spaventa il 90 % degli editoriali italiani. Non ci interessa più attirare dalla massa indistinta degli editoriali quelli che ancora credono che la narrazione sia un tool potente. Vogliamo essere amati da quelli che passano da Fusaro alle Sardine in un attimo, non quelli che preferirebbero tagliarsi un dito piuttosto che pubblicare merda tossica.

Sul Romanzo dell’Antropocene abbiamo scherzato. Non c’è una mappa di generi, temi che ritornano, voci vive e capaci.

Vogliamo inserirci.

Basta rimanere nel protocollo del colore editoriale e parlare dei propri sentimenti, di gatti, di quello che si è mangiato, di quanto il nuovo romanzo che sta per uscire sia importante per la nostra vita ma anche quella di tutti e delle speranze sulla riuscita di questa nuova, nuovissima impresa letteraria, e poi si è autorizzati come autori italiani a sbroccare, vantare ignoranza e mancanza di pensiero critico, si possono fare battute becere, misogine, razziste ma non davvero, sembrare intelligenti con la storia della lotta al politically correct immaginario da combattere (confermiamo che da oggi smetteremo di considerare coglioni irrimedibili quelli che lottano contro il politically correct perché se vanno bene ai loro editori va bene comunque), scrivere dicendo di ispirarci a maestri che conosciamo, vicini. Rimanendo in questo protocollo stabilito per le attività creative gli editoriali non ti temeranno, saranno interessati a quel (poco o nulla) che comunichi al mondo, sui social come sulla pagina. Diremo che White di BBE è interessante così come il nuovo romanzo che parla dei sentimenti dell’uomo bianco di mezza età.

Volevamo fare un pezzo su Amitav Ghosh Aggressive-aggressive ovvero come nella Grande Cecità ci sono mazzate imbarazzanti per un certo tipo di scrittore e una certa idea e pratica della letteratura ma abbiamo cambiato idea, vestito e colore.

Non c’è alcuna catastrofe culturale, la letteratura italiana non è in un declino che mima quello sociale ed economico del Paese tutto. Non c’è quindi bisogno di trovare e provare soluzioni, poetiche, di inventarsi romanzi diffusi dell’Antropocene perché lì faranno sempre gli altri, tra qualche tempo, con altri titoli.

… è meglio sembrare Gray Man, grigi e senza risorse, come se il collasso dei contenuti fosse compiuto e c’è una massa di predoni, scavenger culturali, creativi che devono avere un carriera, coperti del giusto abito del letterario senza capacità evocativa, possibilità metaforica, delle ripetizioni del rassicurante che potrebbero prenderci di mira, normaloni e sensibili proprio mentre molto della realtà invece se non si crepa sembra proprio crollare.

A Parma giorno 8 faremo tutti i quanti i grigi, i bravi e ci accontenteremo del dibattito culturale invece di avere la presunzione, vero trigger warning, di farne, almeno un po’, insieme.

Oppure no.

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