Un trope aleggia in saggi, pamphlet e romanzi. Si è composto pian piano pur avendo padri e madri letterari e del pensiero antichi e moderni ma adesso emergono in nuove forme, plasmati dagli articoli sulla sparizione degli insetti impollinatori. Keep calm -you guilty- and go extinct, questo è un trope, si scrive così, nessun bisogno di scusarsi per l’inglese. Due libri per ora sono tra i migliori per il suo sviluppo narrativo: Learning to die in the Anthropocene di Roy Scranton e la Scimmia egoista di Nicholas P. Money. Scritti benissimo, estinzionismo neanche in sottotraccia e Benatar sempre presente. Questo trope va contrastato ma questa è un’altra storia…
È uscita la lista dei vincitori del bellissimo blog contest indetto da Altitudini.it, giunto all’ottava edizione, quest’anno il tema era “La Grande Estinzione”. (Peccato perché avrei voluto partecipare e VINCERE ma ok, il bushido mi impone di evitare ogni possibile conflitto d’interesse o qualunque spettro di traffico d’influenza che comunque non ho).
MM Meschiari, presidente della giuria, lamenta una certo modo convenzionale di elaborare e svolgere il fantasma dell’estinzione e tutti i demoni che emergono nei minuti eterni prima che si realizzi. Tocca quindi pensare alle cure e alle soluzioni di questa attitudine presente in chi scrive. Questo perché se non abbiamo le capacità di Asimov o di Stefania Auci nello svolgere le vicende di un romanzo convenzionale è bene provare altre tattiche, metodi, trucchi. Nessun corso di scrittura può insegnare ad arricchire l’immaginario che poi è quel magma ordinato da cui si estraggono idee creative e si lavorano posacenere neri che sono racconti, novelle e romanzi, dell’Antropocene e non. Ne propongo alcuni.
Saggistica: dove trovare idee e immagini se non in chi svolge scenari, propone tesi, le narra per “illuminare” il mondo e mostrarne dinamiche visibili una volta svelate. Per un pianeta alieno basta leggere La Malinconia del Mammut di Sandal, vi farà anche vedere come l’estinzione è una scoperta culturale e immaginifica quasi prima che dalle rocce e dalle ossa. Non dovrete leggervi altri 40 saggi sul tema se siete scrittrici e scrittori. Ancora: il miglior saggio, che ne dica Saiz, di Meschiari è Antispazi, l’immaginario più oscuro, la sintesi di alcune tesi e paradigmi da sfruttare se volete scrivere sono lì, una vera archeologia dell’orrore. Leggere Complessità di Ignazio Licata, Biocentrismo di Robert Lanza è un’esplorazione proficua, la fisica teorica è il paradiso delle possibilità e generazioni di scrittori di fantascienza ne hanno approfittato. Mettere la complessità in un romanzo relazionale è operazione potenzialmente importante. Non dovete leggervi Negarestani e Nick Land se vi appropriate del breve saggio di Tiziano Cancelli, How to accelerate. L’accelerazionismo è un’altra miniera di immagini e possibilità narrative. Risparmiate tempo se non ne avete ma essere scout dei temi d’avanguardia, rilevanti, è una palestra essenziale per non scrivere della solita roba, nel solito modo. I Tersite Rossi, collettivo di scrittori thriller, troveranno certamente mostri del tardo capitalismo nuovi in Homo Deus di Harari.
Romanzo di genere ad alta verticalità: Ne elenco subito alcuni tra quelli che ho letto negli ultimi tempi. La Volontà del Male di Dan Chaon, NNeditore, Le prime quindici vite di Harry August ahimé sempre NNeditore, Hannah versus l’albero di Leland De la Durantaye.
La Volontà del Male prende le parole thriller psicologico ed esegue. Scompone lo svolgimento classico del romanzo -svolgimento e flashback- e mostra una lotta per lo spazio nella pagina tra traumi passati, condizionamenti mediatici, paranoia, rimozioni, nebbie della memoria e di guerra nel contemporaneo mentre il protagonista vede ma ogni sguardo è composto da coscienza e realtà fisica.
Le prime quindici vite di Harry August è un romanzo di fantascienza, una spy story, la storia di viaggi nel tempo. Non ci sono però invenzioni da sci-fi, il forno a microonde inventano appena pochi anni prima diventa una scoperta rivoluzionaria che provoca un terremoto geologico e culturale. Non ci sono spie ma i protagonisti agiscono, si infiltrano, torturano e pianificano come se lo fossero, immergendosi in esperienze e personaggi che diventano metapersonaggi, una per vita. Non c’è una macchina del tempo se non una biocentrica, nel flusso di coscienze/energia che non si dissolvono e ritornano, in un mistero che viola convinzioni sull’anima e leggi della termodinamica.
Hannah versus l’albero è un gioiello. Un viaggio in una mente potente, brillante, quasi aliena perché il distacco generazionale sembra immenso, la generazione Z come salto cognitivo. È una storia di vendetta, violenza sociale, criminale ma soprattutto generazionale. Scritto come un unico flusso di coscienza in cui spettro del collasso, di una fine della società industriale, del riconoscimento del simbolico come chiave per sopravvivere si svolgono come onde intorno alla vicenda di Hannah, la sua famiglia, mostri antichi.
Tutti questi romanzi sono un piacere per la mente, studiarli attentamente come esempi di creatività e come le scelte non convenzionali, se esistono scelte quando si scrive, siano un modo, forse il modo, per fare meglio ovvero come non fanno altri.
Leggere in altre lingue: potreste stupirvi quanto di un romanzo in inglese, o in francese, riuscireste e comprendere, capire, elaborare anche con una formazione non particolarmente avanzata. Ci sono mesi preziosi -un anno è composto da dodici mesi e 10k battute al giorno vuol dire che ci vogliono alcune settimane per fare un romanzo- alla traduzione di Dead Astronauts di Jeff VanderMeer. Leggetevi il monologo della Blue Fox, Leggetevi il monologo della Blue Fox, Leggetevi il monologo della Blue Fox. Qui a LGE aspettiamo Civilization di Laurent Binet, Of Ants and Dinosaurs di Cixin Liu e The Ministry of Future di Kim Stanley Robinson. Non aspetteremo le traduzioni perché tempus fugit.
Scienze: seguire le riviste scientifiche serie, di medicina, di fisica, di paleontologia. Andate su Wikipedia a intercettare concetti della psicologia, della sociologia. Trovare metafore possibili è il modo più facile per creare pagine, situazioni, scene, elaborandole, bene, benissimo oppure no non è questione che riguardi l’immaginario che si compone, cresce di immagini e saperi. Cixin Liu “risolve” il teorema di Fermi ne Il problema dei tre corpi, Ligotti certamente legge libri e articoli sulla coscienza, come occhi e “teste” siano emerse nell’evoluzione.
Libri sacri: Scegliere i libri indispensabili già dice qualcosa dell’immaginario che si ha e che si vuole sviluppare in una funzione biunivoca che chi legge conosce o intuisce. La Grande cecità di Amitav Ghosh, Iperoggetti di Timothy Morton, La Cospirazione contro la razza umana di Ligotti, The Tender Carnivore and the Sacred Game di Shepard, il pensiero selvaggio di Levi-Strauss, The Sense of an Ending di Frank Kermode, Gli ultimi re di Thule di Jean Malaurie. Una volta trovato il primo vi condurrà ad altri, citandoli, spingendo alla ricerca. Coltivare l’immaginario è una delle droghe della mente che il lettore conosce.
Leggere poesia: l’invasione dei poeti renitenti ovvero coloro che il sistema editoriale vuole farci credere siano romanzieri ma in realtà sono poeti che vogliono solo pubblicare è un problema ma non deve far ignorare un altro filone ricchissimo per coltivare un immaginario complesso. Effetti della relazione tra clima e mente sono sparsi e diffusi nella poesia, soprattutto epica dell’antichità, nell’opera di grandi poeti come Byron, Wallace Stevens, Derek Walcott. Immagini nella composizione di poche lettere, quadri che emergono dai segni.
Altri generi: e ne diciamo uno soltanto ad alta voce Theory fiction. Già cercare cosa è apre un mondo di possibilità e svolgimenti. Bisogna avere uno straccio di idea per praticare questo genere ma qua non stiamo parlando di scrittura o di blog ma di piazzare l’attenzione intellettuale su altro da convenzionale. Intanto è bene guardare le fiabe, di ogni tradizione, con gli occhi dell’adulto, ricordando che ogni storia ha un obiettivo, è una forma di manipolazione, è il modo in cui ci siamo manipolati fino a diventare civiltà. Tutto è soggetto alla narratologia di base, tocca riscoprirla.
L’immaginario è qualcosa come un muscolo. Lo si ha anche se non si sforza. Nessuno può fare le flessioni per voi. Opere artistiche e narrative che non creano, non contribuiscono, non sviluppano immaginario sono una massa che gode di un certo survivor bias ma… un immaginario complesso è uno dei prodotti più degni del combinato disposto occhi-neocorteccia-postura eretta.