Sarebbe ora di smetterla. No, invertiamo la prospettiva. Sarebbe proprio ora di cominciare allora.
Incominciare a darsi da fare, smettere di piagnucolare che le cose, il clima, stanno cambiando, che signora mia non ci sono più le mezze stagioni. Grazie al cazzo che non ci sono più, è da vent’anni che non ci sono. Da quando gli scienziati hanno iniziato a mettere in discussione i modelli previsionali che davano una stima al rialzo delle temperature medie del pianeta intorno agli +1,5°c, qualcosa modificava i risultati finali dei vari algoritmi previsionali. Gli squilibri registrati in quegli ultimi anni, dal 2015 al 2020, tutto sommato ancora accettabili se visti in prospettiva, andavano ad influire in modo ancora più pesante con gli ecosistemi da cui erano stati estrapolati. In altre parole agivano come acceleranti di sé stessi, velocizzando il proprio collasso. Quasi nessuno ci aveva pensato eh? Una gigantesca macchina naturale, fatta di ecosistemi e micro sistemi, biomassa, ciclo del carbonio, ciclo dell’acqua, venti, maree, funghi e radicali si era messa in moto, attivandosi e iniziando a funzionare in maniera imprevedibile. Le nuove proiezioni davano la stima media sui +5°c nel giro di 100 anni. Ve lo immaginate? Metà del pianeta desertificato, gli oceani che si sollevano per più di due metri mangiandosi coste e città popolose. Migrazioni climatiche, a causa dei collassi eco-sistemici di zone del pianeta. War for Territory . E guerra per l’acqua. L’unica vero oro, e poi il cibo, la sua produzione. Tantissimi possibili scenari. E ora che sto scrivendo sono già passati 20 anni. Quindi non abbiamo proprio più tempo, cioè siamo molto in ritardo e quindi non possiamo star qui ad armeggiare con pratiche, protocolli, permessi, domande anche solo per piantare un albero o smuovere una siepe. Dobbiamo agire. E anche pesantemente. Ogni uno come può, ma molto meglio insieme, per avere più potenza attuativa almeno. Agiamo in modo organizzato o anarcoide ma basta che iniziamo. Facciamo una colletta e compriamo della terra, tutta quella che riusciamo, ed iniziamo a piantare alberi, siepi, nuovi animali, piantiamo nuove idee, barlumi di speranza, fiori. E poi andiamo a rendere inagibile il resto. Sabotiamo tutto quello che crediamo possa essere dannoso per il sistema ecologico, alla terra che abbiamo sotto i piedi e alla poca acqua che ci passa sotto. Sabotiamo i sistemi di produzione e sabotiamo la nostra smania di fare acquisti, comprare, consumare. Facciamo qualcosa. La piramide salta. Salta il banco, casca la terra e tutti giù per terra a parte chi si può permettere di vivere nelle tecnologiche bolle New Word, aria pulita, acqua, e noi qui seduti a sorseggiare vodka scadente.
Creiamo un manifesto, è anni che non lo fa più nessuno. Se dobbiamo farci chiamare terroristi climatici o ecoterroristi facciamolo facendo capire che ci abbiamo pensato su prima. Usiamo le migliori tecnologie e rivoltiamogliele contro, no rivoltiamocele contro. Non possiamo più aspettare, perdere tempo, tergiversare, in questa enorme sala d’attesa, in questo crogiolo di buone intenzioni morte mentre erano ancora in fasce. Sputiamo il veleno. Spariamo il piombo che abbiamo nell’anima. Diventiamo ombre che agiscono di notte. Noi siamo tutti insieme altrimenti non siamo. O meglio, non saremo. Agiamo come gli alberi, stringiamo alleanze, indipendenti nel pensare ma interdipendenti nell’agire. Iniziamo con poco magari, copriamo gli spazi vuoti comunali, vicino ai fossi, nelle buche dei giardini, dove la gente non guarda, dove la gente passa e va di fretta. Scegliamo le specie giuste, inventiamone di nuove, disegniamo foreste dentro la nostra anima e poi vomitiamole fuori.
L’avevo visto fare tanti anni, l’avevano chiamata Green Guerrilla o Guerrilla Gardening, poi si sono fermati. Erano piccoli gruppi eco-anarchici che agivano più come provocazione che per un intento creazionistico. Ripartiamo da li per poi spingerci oltre. Disinnescare meccanismi di produzione. Rosicchiare le basi della nuova etica economica basata solamente sullo sfruttamento della natura. Avanzate tecniche di riforestazione meccanizzata, incroci di specie fatti ad hoc per crescere in modo veloce e funzionale. Non cambiamo mai. Dobbiamo avere urgenza.
Appena finirà questa condanna, per nuovi reati ecologici, cosìli chiamano adesso, sarò pronto.
Siate consapevoli e siate pronti.
Corrado Verdolini