Ovunque proteggi – estratto-

Milano – Settimana della Moda

Il mantello cade perfetto. Nero bordato d’oro, aderisce alle spalle e scivola lungo il corpo, sembra quasi liquido. Tico ha fatto un lavoro da paura, stavolta.

«Allora?» Mi chiede compiaciuto «Che ne dici? Comodo?»

«In missione sarebbe un suicidio, ma devo dire che è impressionante.»

Mi gira intorno, depositando a terra sfere e anelli d’oro disegnando due ellissi che si incrociano.

«Beh, qui non sei in missione» risponde gesticolando mentre finisce di sistemare l’ultimo gioiello «qui sei sulla passerella, è qui che devi avere paura…» sussurra complice.

«In effetti mi spaventi, quando sei saggio.»

«Allora dovresti tremare sempre. A proposito, a me spiace per la tua ragazza ma, insomma, come va la terapia?»

«Ci sto lavorando, il dottore mi ha ridotto i farmaci e sto cercando di venirne fuori un po’ alla volta.»

«Beh, ecco, vedi, con i ragazzi che mi curano la parte video, insomma, avrei progettato una specie di… tributo… se così vogliamo chiamarlo.»

«Tranquillo Tico, lo sai che di te mi fido. Hai gusto.»

«E tu sei il mio supereroe preferito.» ridacchia.

«Più che altro sono quello che non vuoi farti rubare dalla concorrenza.»

«Hmmm, amico mio sei una zoccola. Ma ti voglio bene. Forse.»

La stagista entra trafelata. «Ci siamo, Shockwave in passerella!»

Tico la congeda con un cenno e mi appoggia le mani sulle spalle «Pronto? Hai capito bene come fare?»

«A posto.»

«Mi sono superato, stavolta, vedrai.»

Annuisco. Tico fa due passi indietro, e io faccio il mio numero. Prendo un respiro profondo, la vibrazione calda e familiare si accende nel cervelletto e risuona nel cranio, lungo la spina dorsale, attraversa i nervi fino alle punte delle dita. La mia mente si allunga e li afferra uno per uno. Le sfere e gli anelli si sollevano da terra, due orbite che si incrociano all’altezza dei miei tricipiti, due anelli di corpi celesti in oro 24 carati. Deglutisco, ora è il mio corpo a sollevarsi. Tico mi guarda, annuisce convinto.

«Proprio così» sussurro «ti sei davvero superato»

Un minuto dopo la mia mente scosta le tende, e io scivolo verso il pubblico levitando a un metro da terra. Le lenti del cappuccio mi schermano le retine dal muro di flash che mi schiaffeggia con una consistenza quasi fisica. Li percepisco, anche nascosti dai riflettori, sento gli sguardi delle persone come mani che mi vorrebbero trattenere. Sugli schermi, le fiamme. Il fuoco di Flamin’ Flamingo che cambia forma, fino a diventare un fenicottero che brucia in un lago di lava. A fine passerella compio mezzo giro e mi volto e faccio per tornare in camerino. Per un istante, un momento impercettibile, le due orbite rallentano, e gioielli tremano increspando appena la regolarità delle ellissi. Sullo schermo, l’incendio ha lasciato posto a lei. A Flamin’ Flamingo. Pallida. Nuda. La sua ultima foto presa dall’alto, in vasca da bagno, ormai morta da qualche ora.

Intervista a Gianluca Silvani, alias Scorpion Blue – dal canale “PowerFacts” – www.broadercast.com/PowerFacts

Davvero, tu non hai idea. Mai vista, una cosa del genere. Cioè, io quando mi sono accorto che stavano uscendo dall’acqua, camminando, una cosa assurda, capito? Ci ho messo un attimo a realizzare, era buio e fino a che non sono arrivati a portata dei faretti che illuminavano la spiaggia non è che li distinguessi bene, ma poi li ho visti e ci sono rimasto di merda, capisci? Cioè, questi si sono fatti il mare a piedi, sì, a piedi, non a nuoto. Hanno camminato sul fondo, e io me li sono visti emergere tipo quel videogioco con gli zombie, l’avevo anche scaricato sullo smartphone, hai presente? Beh, fa niente, il punto è che davvero, io non sapevo che dire, li guardavo e pensavo che, boh, non era possibile. Però aspetta, forse sono troppo avanti, te non eri lì, in effetti, aspetta che magari parto dall’inizio, scusa ma, insomma, una cosa incredibile, davvero, non ci si crede… Sì, scusa, procediamo con ordine, hai ragione anche tu. Beh, che vuoi che ti dica, eravamo a far presenza a quest’evento sulla spiaggia, no? Una rottura di coglioni che guarda, a me di salire sul palco e mettermi in posa per qualche stronzo in giacca e cravatta che vuole farsi i selfie con me, ecco, piuttosto guarda, faccio quello che vuoi, ti giuro. Beh, insomma, ci siamo ritrovati io, Powerhouse e Fulmine, a un evento di questi qui che fanno videogiochi, Ultrasoft, non so se hai presente, ci ha ingaggiati come ospiti per questo weekend di formazione aziendale, un intervento, anzi, com’è che lo chiamano? Uno speech, per i manager, che si sarebbe dovuto chiudere con questa festa. Dico sarebbe perché poi lo sai anche tu com’è finita. Lo speech lo abbiamo fatto. Bello, eh, tutti attenti, applausi, tutti entusiasti che sai come sono, loro, sembrano sempre contenti di tutto anche se poi si ammazzano di psicofarmaci. Ammesso che riescano ancora a trovarli, per come stanno le cose adesso. Beh, comunque, ci siamo cambiati e abbiamo messo i costumi per la sera. Aperitivi, buffet, tutta roba di classe oh, non ti dico Powerhouse cosa non si stava strafogando, è passato il cameriere con un vassoio di tartine e se l’è preso tutto, una roba guarda che non ti dico. Beh, comunque s’era fatto buio, ed ero pure un po’ brillo, mica troppo che devi comunque rimanere professionale agli eventi, e sento un brusio che viene dalla spiaggia. «Oh, ma cos’è, chi è quello, scusi ma lei chi è», cose così. E lì per lì pensavo che fosse qualcuno arrivato lì per caso, passeggiando sul bagnasciuga, non avrei mai pensato che venissero dal mare perché figurati se uno è tanto imbecille da mettersi a nuotare quando ha fatto buio. E invece… Comunque, ovviamente, la security si avvicina e gli fa presente che lì non potevano stare, che era una festa privata, su una spiaggia privata e via dicendo, no? Bene, questi li ignorano, ed è a questo punto che capisco bene cosa sta succedendo, dalla spiaggia iniziano ad arrivare sotto le luci. Uno, due, dieci, tanti insomma. Io e i miei due colleghi ci guardiamo come a chiederci cosa cazzo stava succedendo, tutti e tre interdetti. Stavano uscendo dall’acqua. Decine di persone stavano emergendo dal mare senza bombole, senza niente. Camminavano e spuntavano fuori dal mare. La gente si è messa a urlare, qualcuno è scappato proprio, ma la maggior parte si sono messi dietro a noi. A quel punto Fulmine mi fa un cenno e mi chiede:

«E adesso cosa facciamo?»

E io: «Ah, boh»

Voglio dire, t’hanno pagato per entrare in azione? A me no, e mica alzo le mani se non serve, che poi se mi faccio male l’assicurazione non paga, e se perdi i mesi di lavoro mica guadagni. Sono un freelance, io, il cash solo se lavoro. Comunque, io a queste cose ci penso, Powerhouse no, lui è uno che insomma, sempre a testa bassa, prima mena e poi ci pensa, e come al solito è partito, ha spiccato un salto ed è atterrato davanti al primo di loro, un nero in pantaloncini e maglia del Milan, ha sfruttatolo slancio per dargli un cazzotto che oh, ti dico che a momenti l’ho sentito io, un rumore che ho pensato «Cazzo, questo l’ha ucciso, ha combinato un casino, vedrai…» e invece niente. Cioè, quello ha fatto uno o due passi indietro ed è caduto col culo nella sabbia. Cioè, s’è preso un cartone che come minimo si sarebbe dovuto svegliare sulle coste della Libia, e invece mi casca come un bambino piccolo quando gli dai una spinta. Io, ti giuro, ci sono rimasto di merda. E anche Powerhouse, quel cretino, resta lì a guardarlo. Cioè, tutti eravamo lì tipo statue di sale ma tu ce l’hai addosso, hai cominciato una cosa e finiscila, e invece no. Quell’altro si alza, sputa del sangue e reagisce. Un pugno, due, un lampo, ti dico, quasi non li ho visti partire. E la cosa assurda è che Powerhouse ha indietreggiato. Due passi, eh, non pensare chissà cosa, ma il punto è che io l’ho visto fermare un camion. A mani nude. E questo qua, un tizio coperto di stracci bagnati, arrivato da dove lo sa solo lui, lo manda indietro di un paio di passi. E gli spacca un labbro. Io, ti giuro, non ci volevo credere. E nemmeno Powerhouse, pare. S’è girato verso di noi, come a dire «Avete visto?». Tanto d’occhi, m’ha fatto, poi s’è voltato e sbam! Gli ha tirato una testata, e un altro pugno che me li sento ancora vibrare nei denti. E quello finalmente è caduto. Prima in ginocchio, poi lungo e tirato, steso di faccia nella sabbia. E a quel punto il silenzio, nessuno parlava. Poi hanno iniziato ad avanzare. Lui si guardava intorno, ma non ha proprio realizzato cosa stava succedendo, e in effetti lo capisco. Non c’era niente di normale in quella situazione, niente, e quello che è successo dopo mica se l’aspettava. Che a pensarci col senno di poi non è così strano, ha cominciato lui dopo tutto, ma lì sul momento di logico non ci vedi proprio niente. E quindi non era preparato, quando gli sono volati addosso. E nemmeno noi, a dirla tutta, perché in quel momento è scattato il delirio. La follia, ti dico. Lo hanno letteralmente ricoperto, e tutti che menavano come dei fabbri. L’ho sentito bestemmiare, l’ho visto scrollarsene qualcuno di dosso ma poi l’ho un attimo perso nel casino che è scoppiato. Scappavano tutti, urlavano, gente che correva da tutte le parti. Vuoi sapere cos’ho fatto? E cosa dovevo fare? Non m’avevano mica pagato, a me, per entrare in azione. Al che sai che ti dico? Ho deciso che me ne andavo, anche perché ho buttato di nuovo un occhio verso il mare, e ne arrivavano altri. Ma tanti, eh, che adesso ti vedi le notizie e magari sei abituati, ma lì per lì non ci credi, a quello che stai vedendo. E Fulmine? Mi guarda, e fa quella cosa con le mani, le unisce, tipo una preghiera, poi le allontana e fa comparire un arco elettrico. Voleva fare l’entrata a effetto, capito? Credeva di fare uno show, il fenomeno. Mi guarda e mi fa:

«Andiamo?»

«Ma te sei scemo» gli rispondo, e poi me ne vado.

Shockwave? Ah, sì, l’ho rivisto un mesetto dopo, alla gated community fuori Roma. Sai che non ci sentivamo dai tempi di della sesta edizione di Starpower? Eh, che ti devo dire? L’ho visto cambiato, parecchio, l’ho visto cupo, ombroso, mica come anni fa che insomma, dinamico, sul pezzo, aveva il suo carisma, era uno che piaceva e si capiva che avrebbe fatto bene. E invece quando ci siamo rivisti, oh, un’altra persona. Ho letto di quello che è successo alla sua tipa, o almeno credo che si frequentassero, mi spiace, eh. Comunque, se ne stava sempre per conto suo, confidenza ne dava poca. Forse avremmo dovuto accorgercene, col senno di poi il casino che ha combinato magari non sembra tanto strano, ma una volta che le cose sono successe son tutti buoni a dire così, nessuno se n’è accorto per tempo, e io mi prendo le mie colpe, eh, ma è andata così. Com’era prima del talent show? Ah beh, a me stava simpatico, lo vedevi che era ambizioso, che puntava in alto, con chi contava qualcosa aveva quel modo di fare, si metteva in mostra ma sempre con discrezione, era in vetrina ma molto sciolto, no? Ci sapeva fare, diciamo. Io poi seguivo il suo canale su Broadercast da prima, da quando faceva l’influencer con i suoi video, era bravino, sai? Metteva un outfit costoso, tipo almeno mille e cinque, duemila, comunque mai sotto il millino, sparava due minchiate divertenti e via, si lanciava in un giro di parkour che se non s’è mai rotto il collo è perché lassù evidentemente qualcuno lo protegge, oh, un matto ti dico, firmato da capo a piedi faceva delle robe pericolosissime. Si vedeva, che voleva fare ‘sto lavoro. Anche l’attrezzatura se l’era fatta col tempo. GoPro più tre droni a puntamento automatico e software di montaggio in tempo reale. Me l’aveva fatta vedere quando facevamo StarPower. I droni ti seguono e il software lavora per cazzi suoi, praticamente ti prepara il montato già quasi finito, tu devi sistemare due cosette qua e là e sei a posto. Un ambizioso, ti dico. Sapeva cosa voleva e faceva il meglio per ottenerlo. Poi ecco, ti considerava per quel che gli potevi servire, e non è che fossimo grandi amici, si chiacchierava, ci passavo il tempo off screen ma tutto lì, a lui interessavi davvero solo se potevi spingerlo di un passo verso dove potevi arrivare. Voglio dire, lui se li è curati, i dirigenti della Jupiter, mica che l’hanno preso così. Era sempre in zona, quando passavano a vedere, si imbucava nelle loro feste. Una volta mi ci ha anche portato ma non è mica roba per me. Io sono un cane sciolto, io faccio il freelance perché non mi ci trovo mica tanto bene, a fare quello che mi dicono gli altri, e poi lì sono matti, oh, ti controllano la dieta, ti gestiscono i social, tutto proprio. Sei tipo a scuola, e io pure il diploma mi sono comprato. No, io preferisco arrangiarmi che sto bene così, però oh, a lui andava bene, voleva avere successo e su quello niente da dire. Sai, forse più che la sua ragazza lì, Flamingo, è stato tutto questo casino a farlo andar giù di testa. Basta telecamere, basta feste, basta passerelle, dopo che quegli altri disperati hanno forzato i confini chi ha due soldi s’è cagato addosso e ci paga per combattere sul serio, mica per fare spettacolo. Cioè, non è che prima facessimo per finta ma adesso è solo quello, non siamo più celebrità, capisci? Siamo armi, e un’arma non deve brillare, non deve divertire, deve solo sparare quando la punti. Per me non è mica un problema, l’importante è inventarsi qualcosa per campare e per godersela, ma capisco che lui, insomma, per lui non era mica così. Stare sotto i riflettori, oh, era la sua vita, lui era nato per quello. Sapeva fare solo quello, e col senno di poi, quando glie l’hanno tolto, beh, ha fatto quel che ha fatto, che ti devo dire. A me francamente dispiace solo che ci siano andate di mezzo persone che non c’entrano niente, poi i manager, quelli con i soldi, oh, niente di personale ma non è che il mondo abbia perso ‘sti grandi uomini. Alla fine questo casino, tutto questo enorme bordello è colpa loro, ce li hanno fatti loro, i soldi sulla pelle degli altri. Adesso le cose sono sfuggite di mano, e ognuno cerca di sopravvivere come può.

… continua.

Stefano Tevini

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