Il mio ristorante cinese-giapponese di riferimento, che mi garantisce sempre un tavolo con un interessante distanziamento sociale, chiude senza una data di riapertura.
Le cifre sui contagi accertati da Covid-19 in Italia, quel bollettino incrementale che sino a ieri veniva proposto sulle homepage dei siti online dei quotidiani italiani, sono sparite o quasi. L’ordine di servizio è “il ritorno alla normalità”, il business as usual – ASAP.
Nei supermercati l’emergenza approvvigionamenti per la salsa di pomodoro e Nutella biscuits sembra rientrata, il fallimento di ogni tipo di citizen preparedness, qualcosa che dovrebbe essere parte dell’educazione civica, è stato serio ma non grave. Riesco a trovare immediatamente consigli pratici da parte delle autorità per la preparazione preventiva del cittadino in caso di catastrofi in inglese e in tedesco ma non in italiano sul sito della Protezione civile.
Il dibattito social polarizzante è passato dall’analfabetismo funzionale dei votanti, alla questione dei migranti, al panico che causa la sparizione di mascherine protettive e Amuchina. Lo stesso identico tono, argomento diverso, stesso motore emotivo: una crisi generale di fiducia della comunità nazionale.
C’è un momento in cui vendere le proprie quote in portali di case vacanze ed è 5 minuti prima, qualche mese dopo, che Airbnb e Booking.com chiudano gli accordi con i grandi fondi d’investimento.
In Otto giorni alla fine un asteroide, Horus, è in rotta di collisione con la Terra, sembra diretto verso la Francia del sud. L’Europa è spacciata. Una serie di misure vengono adottate ma la società tedesca si sfalda giorno dopo giorno fino al giorno X. L’escapismo dalla “zona rossa”, attraversando frontiere, provando a sfuggire ai check point militari e alla kill zone etica dell’affidarsi a passeur in Land Rover o in bunker che non possono accogliere tutta la popolazione o ancora provando a partire per un altro continente devasta l’intera tenuta dei connettivi tra le persone. La sfiducia nella classe politica che emerge da Otto giorni alla fine è immensa, inimmaginabile in una Germania di soli pochi anni fa.
Ci sarà il Salone del Libro 2020 aka il Salone dell’Antropocene?
In sottotraccia ma comunque in evidenza due notizie. Il personale sanitario nella zona rossa del Lodigiano che non riesce ad avere il cambio dai colleghi, tutti, sembra, in malattia. La fuga di famiglie e individui residenti nella zona rossa verso i luoghi di nascita o di provenienza. Il “tengo famiglia” è uno dei virus narrativi peggiori. L’accaparramento di beni essenziali o divenuti tali e il disinteresse per la comunità allargata sono sintomi di etica inadeguata.
Si può misurare il livello di fiducia di un individuo nel suo governo e relativi apparati contando i giorni di scorte alimentari accumulate in caso di catastrofe.
L’importanza nell’immaginario collettivo della fiction catastrofista, pre- e postapocalittica, non va sminuita e allo stesso tempo non è elemento fondamentale dell’azione di una comunità. The Walking dead o i libri di Max Brooks non sono il motivo delle “spese da panico” nei supermercati. Questa interpretazione è estremamente facile e politicamente inoffensiva quindi molto da scrittore e scrittrice italiana. Nell’apocalisse zombi come in qualunque altro scenario catastrofico da quasi instant apocalypse, dopo medici e infermieri e tutori dell’ordine, i first responder, sono proprio quelli che corrono al supermercato o in armeria le vittime. Di incidenti d’auto, incendi, altre malattie, scontri a fuoco. Fuori dalla finestra d’opportunità (ovvero ogni giorno e momento prima dell’evento X) c’è solo un fattore cumulativo dei rischi vita. Semplicemente il Virus Z si appoggia alle altre possibilità statistiche di morire, stravolgendole. Nessuno al CDC (Center for Disease and Control) crede negli zombie, piuttosto credono che lo scenario possa insegnare qualcosa alla popolazione generale. Mentalmente, in una preparazione che è cognitiva e materiale.
Novembre 2002 epidemia di Sars. Nessun vaccino disponibile ad oggi, 2020. Questo per un po’ di prospettiva temporale. Pronti a un nuovo termine: endemico, ciclico. Quando si torna alla normalità? C’è da chiedersi quale normalità. Utile o meno: nei luoghi di aggregazione dispenser di disinfettante per le mani sono un tool di marketing positivo.
Ci vuole un piano per salvare tutti o, letteralmente, non si salverà nessuno, suggerisce espressamente Cixin Liu in The Dark Forest. C’è un motivo per cui l’escapismo, l’idea di fuggire dal pianeta Terra prima dell’arrivo della Flotta di Trisolaris, viene messo fuori legge e poi riemerge in un’epoca di calma e prosperità apparente nei romanzi. Chi verrebbe lasciato indietro farebbe di tutto per assaltare bunker e abbattere i razzi della salvezza. In ogni caso il Signore di Trisolaris, la pandemia o il cambiamento climatico non sono interessati ai piani dell’Uomo.
I problemi non spariscono evitando di pensarci o trasformandoli in questioni. Il Covid-19 potrebbe rimanere tra noi. Una certa mentalità da guerra fredda fa immaginare che sì, con immense risorse umane e materiali, sarà possibile eliminare il nemico. Questo ottimismo eliminazionista, valido per altre malattie ed epoche, è smentito in ogni ambito dell’umano nell’Antropocene.
Papà Nurgle vuole che si abbracci il decadimento delle membrane cellulari a ogni riproduzione, nel decay il circolo della vita si interrompe, l’entropia cessa. L’Imperatore protegge, è lo Human Security System incarnato e dice no, ad ogni costo.
Saltare da un evento tragico all’altro, da un’emergenza all’altra, la riduzione a cronaca è un ennesimo modo per non affrontare la questione principale: questa è l’Era della Catastrofe. Gestire, prepararsi, dismettere bias, immaginare garantiscono quella flessibilità necessaria per vivere e, forse, continuare a prosperare. Questo ha un costo materiale, emotivo, finanziario. Va affrontato ora, come un investimento in antifragilità.
Cercheranno di vendere il fascismo in versione armed lifeboat. Lo stanno già facendo. È una forma di escapismo dall’Età della Catastrofe.
Le mascherine n95 servono? Il Guardian dice di sì, con qualche ragionevole distinguo. Forse non servono perché c’è un dibattito emotivo tra scolarizzati e panicker, tra intelligenti e gggente. Oppure semplicemente non ci sono abbastanza mascherine per tutti?
TINA è stato scritto e strutturato per essere uno strumento prospettico sulle complessità essenziali nell’Antropocene.
Da qualche parte ho letto, forse Fight Club, che il Brace! in caso di incidente aereo non servirebbe a niente. Serve eccome invece, testato su sopravvissuti e corpi di veri incidenti aerei.
La fiducia nelle autorità è difficile a costruirsi, facilissima da disperdere. Esempio: dopo la macelleria messicana del G8 di Genova (2001) la fiducia nelle forze dell’ordine non è più stata la stessa. Su questo esempio è adesso che vanno fatti i passi giusti.
“La mente umanista soffre” scrive DeLillo in End Zone. Soffre per i grandi numeri, per gli scenari della guerra nucleare che non si vuole totale, per le misure draconiane nel contenimento delle pandemie. Per non soffrire la mente evita la complessità come può, un dolore di fronte ai muri della capacità cognitiva. La categoria di stato d’eccezione ha dei limiti: non siamo nel ’68 e neanche nel post 11 Settembre. L’eccezione, i cigni grigi, stanno popolando il pianeta che si riscalda.
Lo abbiamo già detto: le cose cambieranno perché sono cambiate. Se l’apparenza del cambiamento radicale non vi è giunta è perché stiamo attingendo a riserve immaginifiche e materiali. Come un uomo che perde il lavoro e continua la sua vita come se nulla fosse per qualche settimana e mesi prelevando dai risparmi accumulati. Lo status dell’uomo è però rovesciato, è in una fase del collasso, il denial.
I numeri dei contagi sono studiati attentamente: sono in relazione con l’andamento azionario, del debito sovrano. Il termometro della fiducia nel futuro.
Virus narrativi provocano il panico, evocano Project Fear, fanno ritirare eserciti vittoriosi dal fronte, intasano i call center per le emergenze. Altri costruiscono autostrade, cambiano le abitudini della popolazione, fanno aiutare i vicini nel momento del bisogno. La cultura è il sistema di elaborazione di virus più veloci, alcuni causano morte, altri, quelli di cui abbiamo un’estrema necessità, adattamento.