Camminava da giorni, da quando gli avevano detto che c’era un’emergenza e che doveva muoversi rapidamente per quella città che era stata cancellata dalle mappe.
Non era immunodepresso, né fuori forma, aveva affrontato altre situazioni difficili, e all’OMS, quando era stato assunto come virologo, avevano studiato il suo patrimonio genetico, tanto da utilizzarlo come loro emissario segreto, ogni volta che la salute di piccole zone o intere nazioni era in pericolo. Lui fendeva i virus come nessuno. Questo era il suo lavoro.
L’abbigliamento di ordinanza.
Gli avevano fornito un abbigliamento di ordinanza, composto da un tessuto speciale, che avevano anche messo in vitro per testarne l’efficacia con virus e microbi.
Eppure a vederlo vestito gli abiti non sembravano niente di speciale: dei chino scuri, un impermeabile, un cappello e degli occhiali da sole, di giorno, e da vista quando la luce non c’era, e il peso delle diottrie diventava ingombrante. Da mangiare aveva delle pillole, piene di tutto ciò di cui necessitava, anche il caffè aveva la forma di una pasticca ottagonale di colore marrone scuro. Era perfettamente uguale a un caffè ma gli mancava il calore della tazza fumante tra le mani.Con sé portava pochissime cose, tutte adatte a superare qualsiasi avversità. Ian Fleming con James Bond non avrebbe saputo fare di meglio.
La città
In città era arrivato con facilità, e con facilità aveva affittato un’utilitaria all’uscita dell’aeroporto.Traffico sulla tangenziale non ce ne era, e l’aria era pulita, stranamente. Gli avevano fornito un lasciapassare per superare i posti di blocco, quelli che avevano posto come recinzioni alla città, la quarantena era difficile da sopportare e qualcuno era fuggito.A niente era servito sparare, anche se qualche tempo fa, in occasione di un’altra epidemia i cadaveri dei fuggitivi erano un numero maggiore dei morti per il contagio.La paura non si può governare, e chi all’improvviso viene rinchiuso difficilmente accetterà di rimanere in gabbia, fuggirà, ma Albert non ci faceva più caso.Le città fortino si somigliavano tutte, questo lo faceva sentire a casa.A casa sua tornava raramente, passava molto più tempo negli ospedali, dormendo talvolta negli obitori, al punto da riconoscere l’odore della morte ancora prima del suo arrivo.E in quella città c’era qualcosa di strano, più che odore di morte c’era l’orrore del degrado comune, lo aveva sperimentato anche negli altri posti che aveva visitato in quei giorni.Lo avevano mandato lì proprio per accertarlo.
Le dichiarazioni ufficiali
Abituato a muoversi nei corridoi più che sui palchi non sprecava tempo ad ascoltare le dichiarazioni ufficiali, un cocktail di egocentrismo e di catastrofismo il cui scopo era solo quello di determinare la vittoria alle prossime elezioni.Lui leggeva i rapporti e da virologo sapeva che la diffusione delle epidemie aveva cause e andamenti logici, e lui la logica tra i numeri e i luoghi del contagio doveva scoprire.Il resto non contava niente, talvolta nemmeno le vita degli altri, la sua era altrove, e questo era qualcosa che aveva dovuto accettare dal primo momento, da quando aveva iniziato a camminare nei miasmi dei contagi del mondo per trovarne il bandolo.
La prima volta
Quando gli avevano comunicato che sarebbe andato in missione si era emozionato.Lo aveva elogiato anche per la sua tempra, e questo lo faceva sentire invincibile, molto più di qualsiasi supereroe della Marvel. Quelli erano pura immaginazione, lui no.La paura l’aveva lasciata sull’uscio del primo centro in cui era entrato per fare le analisi, analisi che lo avrebbero portato a diventare il più importante cacciatore di virus del mondo.Nella città da ispezionare ci era arrivato di notte risparmiandosi lo strazio che la luce non avrebbe potuto nascondere. C’era rimasto ben poco, solo carcasse di animali e le ultime pire di corpi da bruciare.Gli avevano detto cosa raccogliere per analizzare. La zona contagiata era stata circoscritta, erano tutti morti e troppo distanti dal mondo degli altri per potere essere pericolosi “Sarà una passeggiata per te, non devi preoccuparti” – gli avevano detto
I capannoni
La città non era solo in codice rosso ma era anche recintata da capannoni industriali.Niente di strano, era pressoché impossibile che le città fossero circondate di alberi e che l’aria e l’acqua fossero pure.In Francia, quando era dovuto rimanere una settimana per un corso di addestramento, aveva scoperto che l’acqua costava più di una cena al Pavillon Ledoyen, dove in cucina c’è “Le roi”, Yannick Alléno, ma i francesi sanno dare il giusto prezzo a ogni cosa, soprattutto a quelle che nella loro semplice evidenza sono comuni, come accade con l’acqua.Qui di acqua non c’era traccia e dai capannoni venivano fuori odori che non promettevano niente di buono.
L’ispezione
Con calma si avvicinò al capannone alla sua destra, quello che non era sigillato ma che aveva su scritto il codice del virus, quello che iniziava a crescere in maniera preoccupante, il “Covid19”.Indossò guanti e mascherina, la sua dotazione standard, mentre apriva la porta.Intorno il silenzio dell’aria era rotto solo dai lamenti degli animali.Una volta entrato si accorse di non essere solo, c’erano due uomini all’interno dell’area e la sua presenza li spaventò, tanto che iniziarono a urlare, solo che nessuno, a parte gli animali, poteva udire le loro grida. Capì che lì doveva essere nato il problema, nessuno avrebbe lasciato due uomini, all’interno di un capannone, durante il contagio e in una zona rossa. Alzò le mani, in segno di resa e si avvicinò ai due uomini, mantenendo una distanza ragionevole.“Sono un ispettore dell’OMS – gli disse – sono qui per capire cosa sta succedendo ”I due uomini lo guardarono e iniziarono a parlare in maniera sempre più rapida, come se volessero liberarsi di un peso, mentre gli raccontavano la storia del Covid19 per come la stavano sperimentando sulla propria pelle.Albert non battè ciglio, iniziò a prelevare campioni di qua e di là, riponendo tutto nella borsa asettica che aveva con sé, dopo avere spruzzato dell’alcol isopropilico all’interno. Per loro non poteva fare niente se non uscire dal capannone e chiudere la porta dopo avergli lasciato anche una dose di stricnina con la scusa che fossero farmaci.Prima di salire sull’auto bruciò gli abiti che indossava e si diresse all’aeroporto. Anche questa volta nessuno lo controllò e nell’attimo stesso in cui l’aereo decollò smise di sudare per la paura.Stava diventando troppo vecchio per quel lavoro.
Il rapporto
Quello che aveva scoperto era talmente grave da non riuscire a scriverlo.Era dovuto tornare a casa sua per farlo, gli serviva essere solo per davvero.Gli avevano dato ventiquattro ore di tempo per redigere il rapporto, un periodo di tempo ragionevole. A lui bastava pochissimo per inquadrare le situazioni, e i dati a sua disposizione erano sufficienti per arrivare a delle conclusioni.In poco meno di un mese era stato da una parte e dall’altra del globo, al punto di sapere che era in corso una guerra economica più che batteriologica, da virologo la cosa gli era fin troppo chiara, e questa guerra non avrebbe portato a niente di buono, nessuno avrebbe mai accettato che il Covid19 aveva origini differenti, non esisteva un ceppo unico, ma tanti ceppi quanti erano i paesi coinvolti, come se all’improvviso si fosse scatenata la guerra al capitale attraverso il raffreddore.Tra miasmi, fanghi industriali, stress, sfruttamento umano, problemi alimentari, c’era tutto il necessario per fare colare a picco l’economia mondiale, una resa dei conti e una prova generale delle catastrofi a venire.Lo avrebbero preso per pazzo, così nell’attimo esatto in cui ebbe inviato il rapporto, fece scattare l’apertura della botola che aveva sotto i piedi, salì sul motoscafo attraccato vicino casa e partì senza voltarsi, mentre un grande falò bruciava ogni cosa alle sue spalle.
Di tracce non ne aveva lasciate, e poi avrebbero avuto altro a cui pensare, tra il rapporto e il cadavere, affetto da Covid-19, che gli corrispondeva in ogni particolare.
Rosaria Fortuna