Geografie vive contro geografie morte

Geografia morta-vivente è il titolo di un libro di Manouk Borzakian che parla della profonda ed innegabile geograficità degli Zombie, creature del nostro immaginario che hanno la straordinaria capacità di incarnare tanto simbolicamente quanto metaforicamente diversi aspetti della società occidentale tardo-capitalista.
In Italia pero’ questo titolo potrebbe intendersi in altro modo. È la geografia stessa ad essere uno Zombie, un morto vivente che cammina cibandosi dei vivi. Dove sono i geografi italiani nella pandemia? Dove sono i geografi italiani nell’Antropocene?
Probabilmente si stanno cibando di qualche escremento postcoloniale, scimmiottando pensieri che già nella versione originale non valevano le pagine su cui erano stampati. Forse stanno ciancicando qualche pseudo teoria vetero-finto-umanista ancor meno scientifica di un sermone che invita ad amare il prossimo tuo. Forse invece secernono secrezioni rielaborate sotto forme di geografia di genere, sulla cui definizione epistemologica nessuno ci mette il naso poiché è assai difficile definire il nulla.
Poi di colpo, mentre l’avvenimento più importante degli ultimi 70 anni si svolge sotto i loro occhi… il silenzio assoluto… inequivocabile segno di sconfitta che sembra supplicare un buon samaritano di porre fine ad un’esistenza misera.
In confronto ad essi, quei bizantini dell’Armata Brancaleone, quei Leonzi prossimi ad un’inevitabile estinzione, sembrano rigogliosi, bellissimi, pieni di vigore e di joie de vivre.
Ok. Mi piacciono le metafore. Ma al di là delle metafore mai come ora abbiamo bisogno della geografia e questo silenzio che in un momento di normalità provoca delusione e disillusione, oggi provoca rabbia.
La rabbia si deve anche al fatto che a rompere il silenzio geografico sono stati coloro i quali in questi giorni pagano un prezzo altissimo. A Bergamo i geografi del laboratorio Diathesis, in mezzo a corpi trasportati dai camion, in mezzo alla morte che travalica ogni nostra immaginazione di reclusi in quattro mura davanti ad un mondo che ha la forma di uno schermo, hanno realizzato un lavoro di mapping riflessivo sul contagio dal COVID-19.
Il team guidato da Letizia Casti e da Fulvio Adobati ci dice che in mezzo ai morti viventi, ci sono coloro i quali mettono a disposizione un sapere quanto mai utile. Il problema è chiaro. Le cose che accadono hanno un quando, un perché e anche un dove. E questo “dove” non è meno importante. La cartografia sul Covid-19 che circolava sui principali media era quanto mai approssimativa e poco chiara. Ecco allora che nello spazio di qualche settimana viene fuori un lavoro cartografico di qualità che permette di comprendere meglio le dinamiche del contagio nella zona più colpita del paese e probabilmente dell’intero continente. Sono carte che dovrebbero essere diffuse il più possibile, aggiornate e pubblicate costantemente. Dulcis in fundo… le carte sono open access… perché di fronte alla pandemia la condivisione del sapere è comunque un atto di solidarietà indispensabile al pari degli altri.
Se in Italia la maggior parte dei geografi non fosse allo stato larvale, questo lavoro andrebbe fatto su tutto quanto il territorio nazionale… Comunque sia ne avevamo bisogno. Ne aveva bisogno la geografia tutta e quella italiana in particolare.
Difficilmente i morti-viventi risorgeranno. Ma almeno ora sappiamo che in Italia non ci sono solo zombie da cattedra, ma geografi che agiscono con tempismo e che rispondono alle esigenze del presente.
Ecco dunque le mappe realizzate dal team del laboratorio Diathesis (Università di Bergamo).
Coordinamento scientifico: Prof.ssa Emanuela Casti, Fulvio Adobati
Ricercatori e studenti implicati: Andrea Azzini, Andrea Brambilla, Francesca Cristina Cappennani, Emanuele Comi, Elisa Consolandi, Marta Rodeschini, Maria Rosa Ronzoni, Anna Maria Variato

La carta non mostra la progressione del contagio, ma fotografa la situazione al 23 marzo. Entrambe le rappresentazioni mostrano con gradazioni cromatiche il contagio ma la carta (a) lo visualizza in relazione all’estensione delle Province; nella carta (b) tale estensione è stata deformata in rapporto ai contagi. Se la carta (a) uniforma le differenze tra Province, la carta (b) esalta la profonda differenza dell’Italia settentrionale e in parte centrale rispetto al resto della Nazione. Infatti, il contagio appare elevato nelle tre province lombarde di Milano, Bergamo e Brescia, seguite da Lodi, Cremona, Piacenza e Torino e il resto delle Province settentrionali individuate con il rosa intenso,a cui appartengono anche Rimini, Pesaro-Urbino e Roma.

Oltre alla distribuzione dei contagiati COVID-19 nelle diverse regioni, individuato con il cromatismo di base, la carta illustra gli esiti del contagio distinguendo l’esito negativo (deceduti, persone in terapia intensiva, ricoverati con sintomi e individui in isolamento domiciliare) da quello positivo (ovvero dimessi e guariti). È possibile notare come nella maggior parte delle regioni il numero dei contagiati in isolamento domiciliare è maggiore rispetto ai ricoverati con sintomi: infatti, le regioni che presentano il più alto numero di ospedalizzati sono Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio e Molise. La percentuale più alta di decessi si rileva in Lombardia (13%), Emilia Romagna e Liguria (11%) e le Marche (8%). Per quanto concerne gli esiti positivi al contagio, si nota che in Lombardia il 21% dei contagiati è stato dimesso o guarito dalla malattia COVID-19, seguita – a distanza – da Molise e Friuli Venezia Giulia.

Il fondo-carta, con varie gradazioni di grigi, fornisce il numero dei contagi che sono rapportati alle fasce di età della popolazione mostrate mediante le piramidi. Queste ultime, seppure mostrino uniformemente l’incidenza sulla popolazione adulta dai 40 anni in su, si differenziano tra loro, almeno per le regioni con i più alti contagi: per la Lombardia e l’Emilia Romagna si può notare un’alta percentuale per le fasce d’età 50-59 e 60-69 che raggiunge il picco per quella dal 70-79 e una ovvia progressiva diminuzione per gli ultraottantenni visto il loro numero contenuto; per il Veneto, viceversa, la fascia d’età più colpita è quella che va dai 50 ai 59 anni con un contagio più contenuto sia per le fasce d’età superiori, sia per la fascia dai 40 ai 49 anni. Le altre regioni, per la debole incidenza del fenomeno, non mostrano picchi significativi. Il Piemonte presenta la stessa proiezione della Lombardia e dell’Emilia Romagna; Marche, Lazio, Toscana e Trentino Alto Adige, che appartengono allo stesso range di contagiati, esibiscono una omogenea incidenza del contagio, dai 40 anni fino agli ultraottantenni, con un leggero incremento nella fascia dai 50 ai 59 anni.

La distribuzione e l’evoluzione comunale tra il 24 febbraio e il 23 marzo del numero dei contagi fanno vedere che le città sono le più colpite rispetto ai centri minori. Milano emerge con i suoi oltre 2000 contagi, seguita da Brescia, Bergamo, Cremona e – a distanza – da Codogno e Cremona. Dalla mappa è evidente, inoltre, il grande aumento del numero di contagiati nei maggiori centri urbani lombardi: infatti, i contagi a Milano sono passati da 813, registrati il 16 marzo, a 2171 registrati al 23 dello stesso mese. Anche le città di Bergamo e Brescia vedono un raddoppio nel numero di contagi: per quanto riguarda Bergamo si è passati da 496 persone contagiate a 834; viceversa, Brescia conta un numero di contagi pari a 891 (quasi il doppio rispetto alla settimana precedente, che ne vedeva 478). Infine, Cremona ha registrato anch’essa un forte aumento – sebbene minore rispetto alle tre città in precedenza menzionate – passando dai 556 ai 829 così altri centri urbani minori.

Nella carta (a) la percentuale dei contagiati in Lombardia è mostrata in rapporto alla superfice comunale. Nella carta (b), viceversa, la stessa percentuale è rapportata al numero dei residenti per comune. Da entrambe le carte emerge che la percentuale del contagio più elevata (dal 2% al 4%) non interessa le città, ma i paesi appartenenti alla conurbazione policentrica regionale. Soffermandosi sulla prima, i comuni con più alti contagi – a parte qualche piccolo comune – si trovano nella fascia centrale della Regione che va da Sud a Nord con in primo piano Cremona, Lodi, alcuni comuni del bresciano, Bergamo e gran parte della Valle Seriana. Il resto della regione è interessato in maniera differente con un’incidenza nulla o poco significativa nella zona alpina e, viceversa, una diffusione del contagio nel resto della pianura. Interpretando la seconda carta, ossia quella del rapporto tra numero degli abitanti, emergono due aspetti: il primo è che – se si esclude Mantova – la percentuale più alta riguarda la parte sud-orientale, mentre l’area metropolitana milanese fino ai territori di Como e Varese presenta una percentuale contenuta e continua, a parte pochi Comuni. Il secondo aspetto che emerge è che nessuna città lombarda presenta una percentuale superiore allo 0,9%, infatti Milano viene rappresentata in una percentuale che è al di sotto dello 0,3%, mentre Bergamo, Brescia e Lodi presentano una percentuale al di sotto dello 0,9%.

La distribuzione comunale del contagio nella Provincia bergamasca al 23 marzo mostra la città orobica come la più colpita (dal 16 al 23 marzo passa dai 496 a 834 contagi), seguita da alcuni comuni minori, precisamente Nembro (186), Albino (168), Seriate (162) Alzano Lombardo (159) e Dalmine (127). Complessivamente, emerge che oltre la città i comuni più colpiti sono Nembro, Albino e Alzano Lombardo nella bassa Valle Seriana che rappresentano anche il primo focolaio bergamasco. Inoltre i centri urbani contigui alla città di Bergamo, ossia Dalmine e Seriate registrano un numero di contagiati maggiore rispetto a quelli di Treviglio, Caravaggio, Romano di Lombardia e Clusone nell’Alta Valle Seriana anch’essi con contagi sostenuti.

Nella carta (a) la percentuale dei contagiati della Provincia di Bergamo è mostrata in rapporto alla superfice comunale. Nella carta (b), viceversa, la stessa percentuale è rapportata al numero dei residenti per comune. Complessivamente, la situazione della provincia di Bergamo permette di individuare il focolaio del virus ad Alzano Lombardo-Nembro e la sua diffusione per vicinanza alla corona di comuni che lo circondano. Nella prima carta, Bergamo e i comuni contermini meridionali, il resto della Val Seriana, della Val Brembana e della Valle Imagna, mostrano una percentuale di contagio uniforme, a parte il comune di Valbondione che presenta un più alto numero di contagiati. La seconda carta (b), che mette in rapporto la percentuale del contagio con il numero degli abitanti, fa emergere la Valle Seriana come l’area con il più alto contagio seppure il contenuto numero dei residenti la rappresenti contratta, soprattutto nella parte Alta dove Valbondione quasi scompare. La parte della Provincia dilatata, che comprende la Città di Bergamo, è quella più popolosa dove la percentuale del contagio è alto ma non raggiunge quelle della Valle Seriana. Infine, la Bassa Bergamasca presenta una percentuale più contenuta.

Dalla mappa emerge la conurbazione nella Bassa Valle (Ambito 8 composto da 18 comuni che racchiudono il 71,7% della popolazione totale) composta da centri popolosi, come: Albino (oltre 18 mila), Alzano Lombardo (circa 14 mila) e Nembro (circa 12 mila) e Gazzaniga, situati sul fondo valle interessati dal maggior numero di contagi; si aggiungono i Comuni della valle laterale di Gandino, dell’Altopiano di Selvino dove anche qui il contagio è alto; viceversa, l’Alta Valle (Ambito 9 composto da 20 comuni) è meno popolata (28,3% della popolazione della Valle), salvo la cittadina di Clusone e i centri di Castione della Presolana e Rovetta dove i contagi, seppure con minor incidenza, sono anch’essi elevati.