Mentre la Nuova Zelanda si libera da Covid-19 con un lockdown rigido, l’Italia forse appena uscita dal picco ma ancora lontana dall’abbassare la curva è già entrata nella narrazione tossica della riapertura il prima possibile. Il “modello lombardo”, quello che insomma ha portato ai tassi di mortalità più alti nel mondo, sta per diventare il modello italiano. Usando la stanchezza della gente, alcuni portaparola politici stanno facendo passare l’adagio di Confindustria per cui “bisogna far capire che la gente può ritornare a vivere come prima” (Marco Bonometti). Che si tratti di Matteo Salvini che dice di riaprire le chiese per Pasqua o di Matteo Renzi che dice di riaprire le librerie, il sottotitolo appetitoso è lo stesso: “the show must go on”. In realtà i due personaggi non sono del tutto confondibili, perché dietro il primo c’è la Bestia, dietro il secondo c’è Baricco. O meglio. È impossibile sapere se Baricco abbia scritto anche l’ultimo discorso di Renzi, quello delle “farmacie dell’anima”, è impossibile dire se la riapertura gioverebbe anche all’impresa Holden, quello che tuttavia possiamo notare è una strana consonanza tra il ritornello “l’Italia non si ferma” delle destre neoliberiste e le esternazioni di alcuni influenti intellettuali italiani di sinistra, ad esempio i Wu Ming, o di sedicenti pensatori libertari, molto meno noti e molto meno influenti.
Ma lasciamo stare per un attimo il pedigree politico e osserviamo la narrazione che sta passando al di là del motore ideologico. Da un lato Confindustria vuole che la macchina-Italia si riavvii prima della risoluzione della crisi, sventolando lo spauracchio delle sollevazioni di piazza. Dall’altro, per vanità, per raccolta demagogica di consensi di per sé molto erosi, per opportunismo mediatico e forse nel sogno sovietico della Rivoluzione, ci sono alcuni intellettuali che denunciano l’avvento dello stato di eccezione, della macchina biopolitica, del bavaglio e dei ceppi messi alla gente, del complotto di un’entità metafisica come lo Stato o il Capitale contro l’entità metafisica della Libertà dei popoli. Due posizioni antitetiche: i padroni e i dissidenti. Ma anche due narrazioni dall’esito identico: “Covid-19 non ci può fermare”. Due narrazioni che coincidono nella morale finale (“uscite di casa!”) e che lavorano per mettere d’accodo due zone sociali che di solito non si incontrano: i neoliberisti e i “comunisti”. Un capolavoro politico giocato sulla testa di migliaia di persone che stanno morendo e che moriranno perché la riapertura arriverà prima che la chiusura possa produrre i suoi lenti e dilazionati risultati.
Non credo che ci sia bisogno di analizzare la posizione di Confindustria. Vale la pena cercare di capire un po’ meglio che cosa succede nella testa di chi ancora oggi parla da sinistra di “ballo mascherato” sull’uso delle mascherine. Perché mentre nella larga fetta di non pensanti il negazionismo pandemico funziona come un rituale magico (“se penso che tutto tornerà come prima allora tutto finirà…”) per certi intellettuali veterocomunisti – che invece pensano – il blocco cognitivo è un altro: l’automatismo della dissidenza. Che cos’è? Come funziona? È semplice: esiste una comfort zone ideologica in cui chiunque si sente a casa, al sicuro, e per garantirne l’omeostasi è necessario adottare dei rituali di fortificazione dei confini. In altre parole, occorre ripetere gesti e formule identitarie che rinnovano la linea di separazione tra il “dentro” e il “fuori”. Se ad esempio recito un canto sui demoni della foresta, evocandoli, la foresta non è più una vaga massa nebbiosa ma diventa l’Altrove, ed è appunto questo Altrove che definisce contrastivamente il mio Qui. Per quanto si possa essere dei raffinati e intelligenti pensatori, il meccanismo is simple as that: ogni evento sociale e storico non viene solo analizzato per se, ma viene utilizzato come catalizzatore identitario. Anche il complottismo funziona così, se pur a livelli cognitivi molto più grossolani: il complottista vede complotti ovunque perché fondamentalmente ne ha bisogno.
Che cosa sta accadendo allora? In questo momento, alcuni intellettuali italiani stanno remando nella stessa direzione dei loro storici avversari politici perché non sono in grado di vedere due cose: 1) la pandemia non è un’entità metafisica con cui si possa dialogare e scendere a patti, è un’emergenza sanitaria che può essere combattuta solo attraverso la rigida osservanza di protocolli stabiliti da una prassi scientifica e non da una ideologia politica; 2) l’applicazione di automatismi intellettuali può essere molto rassicurante, specie in tempo di crisi, ma può generare dei mostri pericolosi. Personalmente condivido il background culturale foucaultiano dello stato-leviatano e della biopolitica che asservisce le masse, eppure il fatto di monitorare quotidianamente le fonti scientifiche mi fa percepire come ingenue e fuori tiro certe analisi politiche dello status quo. Sono davvero molto preoccupato del fatto che il regime securitario possa diventare la norma, sento con un brivido nella schiena lo scampato pericolo di un ministro dell’interno che avrebbe potuto diventare un Orban italiano, vigilo ogni giorno sull’eclissi del parlamento e sul decretismo di governo che balla su un baratro, non mi piacciono le divise e le armi per strada o in caserma, ma in questo momento delicato non mi sogno di dire “riapriamo”, “è un complotto”, “è una menzogna”. Perché? Perché qualcuno potrebbe ascoltarmi, e facendolo, andandosi a unire pur dotato di una mente pensante ai furbetti della quarantena e ai padroni imprenditori senza scrupoli, vanificherebbe gli sforzi che milioni di persone autorecluse hanno fatto fin qui.
Concentriamoci sui fatti. Il fattore R0 di una malattia indica il numero di persone che un soggetto infetto può contagiare se entra in contatto con gli altri in un ambiente chiuso (ristorante, fabbrica, ufficio, supermercato, chiesa, teatro, cinema, libreria, ecc.). Uno studio pubblicato ad aprile 2020 dal CDC (Centers for Disease Control) dimostra che il fattore R0 di Covid-19, stimato inizialmente a 2, è invece pari a 5.7. In poche parole, una persona infetta può contagiarne altre 6 ogni volta che esce di casa e incrocia gli altri in uno spazio chiuso. Occorre meditare sui numeri. Siamo in presenza di un virus MOLTO contagioso e MOLTO pericoloso perché l’alto numero di casi asintomatici e l’importante ritardo nella comparsa dei sintomi rende Covid-19 una malattia tenace e insidiosa. In Italia le infrazioni al regime di quarantena sono in rapido aumento. La statistica sussurrata tra i morti del 2019 e quelli nell’anno della pandemia è un mostro nascosto che comincia pian piano a emergere. È in aumento anche il numero di pseudointellettuali che per leggerezza, per vanità o per calcolo demagogico stanno chiedendo la riapertura. Il processo di ripetere concettualmente la contemporaneità della lotta per i diritti sociali e civili è un mirroring mostruoso, di massa meccanica concettuale, nel salvare la popolazione-salvare l’economia. Ogni comportamento irresponsabile, ogni modello alternativo al lockdown rigido, ogni narrazione minimizzante prolungherà indefinitamente il tempo di reclusione e il numero finale dei morti. Qualcuno può anche dire che il CDC è un organo del governo americano, che l’America è imperialista e che noi siamo la resistenza, ma sinceramente credo che pensare da persone libere, libere anzitutto dai propri automatismi intellettuali, sia l’opzione migliore.
L’ha ripubblicato su Downtobaker.
"Mi piace""Mi piace"