Disclaimer: anche se questa non è una recensione, anche se chi scrive e legge e ama il cinema, dell’Antropocene o meno, dovrebbe fregarsene proprio delle anticipazioni, non ci saranno “spoiler”.
Tre ordini concorrono, intervengono, competono per comporre quella che chiamiamo realtà: Tempo, Spazio e Storia. Questi sono gli strumenti con cui l’umano gestisce. Uno che questo concetto lo ha molto chiaro è Christopher Nolan -e il suo team di scrittrici, scrittori, produttori-.
Entro al cinema, pochi minuti prima dell’inizio dello spettacolo. No, non ho fatto il biglietto online, pensavo di arrivare dopo, prevedevo di guardare lo spettacolo delle 19:00 e aspettare fuori, fumando e bevendo un energy drink, ordinando le aspettative sul film ma ecco, io arrivo sempre in anticipo, quasi una nevrosi, credo si chiami sindrome dell’imprevisto. Vuol dire che se sono in macchina e buco avrò il tempo di cambiare almeno una gomma, se su un mezzo pubblico arriverò puntuale, o con qualche minuto in anticipo, anche se il mezzo dovesse guastarsi. Il mio orologio interiore detta il mio programma di uscite da casa, ho quindi sempre del tempo libero, tempo che sfrutto leggendo di solito. Sono le 18:09, sono alla biglietteria. Compilo con i miei dati un modulo, quello per il tracciamento in caso di focolaio. In qualche modo è una lettera al futuro.
Tenet è il primo vero film di fantascienza del regista. La “violazione” della Seconda legge della termodinamica come motore della macchina del tempo nel film è concettualmente molto diversa dalla scienza possibile, dalle sfide ingegneristiche, dalla fringe science in Inception e Interstellar.
O forse non è proprio così, forse è possibile, in qualche modo, mandare un messaggio nel futuro, e in un altro modo, riceverlo. Facciamo che anche Zeus è soggetto al Fato, il fato delle cose. Ecco, anche Zeus era soggetto alla seconda legge della termodinamica. In Tenet ci sono forze divine e fantastiche che si muovono appena dietro il velo dei personaggi. “Uomini grigi” appaiono e scompaiono. Sono là per preparare il cammino dell’Eroe.
Nolan è un creatore di immaginari. Oggi se pensate a un buco nero non c’è più una girandola colorata con un buco scuro al centro, c’è questo.

Una volta, su un giornale famoso sopravvissuto ai decenni, la teoria della relatività di Einstein veniva descritta come qualcosa che “solo pochissime persone al mondo capiscono”. Questo gap è stato colmato anche dalla fantascienza. La storia dei due gemelli? Uno rimane sulla Terra, l’altro viaggia su un’astronave a velocità della luce e poi… torna. Uno è invecchiato, l’altro no. Una piccola, banale parte della teoria è spiegata, meglio: illustrata.
Esco dal cinema nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo. Tolgo la maschera, fumo una sigaretta. Un ragazzo e una ragazza, una coppia giovane, parlano di quello che mangeranno dopo il film e del film. Non hanno capito ma sono sorridenti, spaesati. Continuo a fumare e a farmi i fatti miei soprattutto perché non voglio fare la figura del vecchio che parla a dei giovani anche per dargli una forse decente spiegazione che sì, c’è ancora tutto il secondo tempo ma penso di avere qualche idea. C’è un viaggio nel tempo possibile ed è quello di particelle e forse elettroni ma un cubetto di ghiaccio sembra seguire una linea composta di secondi ed energia e lungo questa linea si scioglie diventando altro. Questo “sembra” è come elaboriamo il tempo e risponde a una legge delle termodinamica, la seconda già citata. Ricordo anche un commento del professor Ignazio Licata che spero di centrare: “non è possibile far rientrare il vapore nella teiera”. In Tenet il vapore rientra nella teiera ed è una cosa enorme, anti-intuitiva. Come il cubetto siamo soggetti all’entropia, l’entropia e il caos sono ineliminabili, abbiamo paura di morire, l’estinzione è qualcosa che è nel futuro e nel passato e ci accompagna che si voglia mangiare cinese o una pizza. Secondo tempo.
I personaggi sono i figli e i nipoti di un mindset da Guerra Fredda, elaborano l’enormità della minaccia del tempo invertito con gli strumenti che hanno. Gli operativi sembrano poliziotti, usano i tool dello spionaggio, sembrano spie, sparano come truppe d’élite, affrontano la minaccia nuova come si affrontano quelle dell’Interregno e delle asimmetrie ma sono i nipoti della guerra fredda: nessuna bandiera, nessuna agenzia, strutture fantasma, operazioni ombra. Il Protagonista dice, già nel trailer, che “deve conoscere il tipo di minaccia per poter fare il suo lavoro”. La minaccia però è una del futuro che stiamo vivendo: fluida, non definibile. Punta il dito contro il creatore della Catastrofe: nell’Antropocene, in qualche modo, quel dito è uno che punta a uno specchio.
In Interstellar “il colpo di scena” era immediatamente svelato. Nessun fantasma, non di quel tipo da Otto-Novecento, di altro genere, di altro romanzo, poteva spingere i libri giù dalla libreria. Il pensabile ha un limite così come la nostra capacità di elaborare le informazioni che sono davanti a noi. Il tempo dei fantasmi è scaduto da un pezzo, il fantasmatico invece impazza. Ecco che l’assassino di Profondo Rosso è lì, a uno specchio, caso chiuso potrebbe essere, la velocità dei frame viene usata per dire qualcosa dell’umano di fronte alla complessità. Anche in Tenet è tutto lì, da subito. Una volta che il Protagonista si sveglia, la sua coscienza riflette immagini e dettagli, è tutto lì, anche per noi spettatori, il colpo di scena è impossibile e in qualche modo avviene comunque, nonostante i punti fissi dei “romanzi” di Nolan, le versioni di realtà -quella combinazione di spazio-tempo-storia- che illustra. Il palindromo è una sequenza simpatica di lettere ma è solo una piccola parte dell’architettura di Tenet, l’indizio più semplice.
C’è un brand placement che non è per tutti ma adesso rimedio. Non solo non vi serve ma in ogni caso non spediscono in Italia.

In sala forse una quindicina di persone, ho tre poltrone vuote sulla destra e sulla sinistra. Sono già andato al cinema da solo in passato ma adesso c’è un tentativo di metodo nella collocazione degli spettatori. Non è un teatro dell’opera in cui si ripete, in qualche modo quindi diversamente, la crisi del Dubrovka ma una minaccia, fluida, minima, è percepibile. Mentre l’azione sullo schermo di svolge e ritorna, smoke e mirrors in Tenet aumentano di velocità, potrebbe essere un Inception migliorato, con altre regole: che altro statuto del tempo come prodotto della coscienza poteva fare Nolan? Sembra un viaggio del tempo ma è uno che causa sbandamento e vertigine. Doveva fare solo questo e ci riesce. I paradossi classici del cinema e della letteratura a tema viaggio nel tempo sono quasi sfottuti. In sala guardo intanto il futuro prossimo del guardare un film, mi interessava provare anche quello.
I personaggi sono funzioni, pedine. Sembrano freddi. Un personaggio ha un motivo profondo per lottare, combattere contro l’antagonista di comodo e il suo movente, comprensibile, umanissimo, viene quasi sabotato, “per un attimo”. I personaggi sembrano funzioni, rispondono a input perché gli umani sono legati a una programmazione biologica, fantastiche macchine dall’imbattuta capacità di elaborazione olografica come in Inception e per un attimo, al giusto input, il personaggio sta per cedere all’antagonista, accetta un risultato impensabile solo fino a qualche attimo prima e dopo anni di resistenza. Il mondo di Tenet è uno in cui un iperoggetto si svolge, esattamente come nel nostro mondo. E in un universo narrativo in cui un iperoggetto impazza la narrazione “a misura d’uomo”, quella del foro interiore, la sfera emotiva, per citare Timothy Morton, è inutile.
Anche se non sembra, anche se così non viene definito, Tenet è un apocalittico. Non importa che le strade di località turistiche siano affollate, un teatro pieno, gente va a lavoro e poliziotti sono in servizio. L’apocalisse è già cominciata, è in corso, il senso della Fine è potente e definito in tutto il film. Le strade sono pulite, il traffico circola eppure il mondo vecchio è finito, l’apocalisse è lì. Non è un’apocalisse ingenua quella in Tenet. L’apocalisse è sul piatto, futuro e presente corrente e invertito si stanno giocando un posto nel nuovo mondo. La lotta non può non essere all’ultimo colpo, la posta è troppo alta ed è l’unica degna di essere giocata.
C’è una guerra segreta, con il futuro. Nel film ma attenti, anche nella realtà. C’è uno spettacolo della violenza e dell’azione ma è questo, uno spettacolo, parti e movimenti e decisioni sembrano pre-ordinate dopo che si sono svolte. E come in tutte le storie ordiniamo gli eventi e i luoghi, la sequenza. La qualità dell’ordine che ognuno fa varia, di molto. La differenza tra realtà e fiction è che Nolan ci offre il suo di ordine, una metafora complessa in un svolgimento in cui sequenze, pezzi e dettagli alla fine risultano ordinati. Lo fa in maniera perfetta.
Sono immensamente curioso di leggere la sceneggiatura di Tenet, sarebbe bellissimo leggere tutte le stesure, i passaggi, dall’idea creativa fino a tutti i trattamenti e poi solo alla fine il “libro”.
Sì, è un thriller, con i suoi tipi fissi. Tenet ad esempio ha un brutto “antagonista” di comodo. Brutto perché la battaglia di Tenet è una immensa, il premio proposto è uno inimmaginabile. Il tempo del cattivo è finito, ogni cattivo sarebbe inattuale. Non sappiamo davvero cosa sia Tenet, potrebbe essere molte cose. Sembra una condizione, è uno stato dell’umano.
Troppo umano è l’antagonista. Davvero sei prossimo a superare Zeus e cazzeggi?
C’è una guerra, una tra il presente e il futuro. Questa guerra si combatte nel passato. C’è una guerra ma Von Clausewitz non potrebbe capirla: il suo inizio è un inganno, non c’è un annientamento totale dell’avversario possibile. E ci sono uomini che sparano e combattono, protagonisti davanti a specchi e meccanismi da industria meccanica pesante. La chiave di Tenet una volta interna sembra uno scherzo, un altro inganno, la caccia al tesoro divino vuole quello che sembra un ingranaggio di una pressa industriale. Il futuro si fa beffe di noi?
Forse c’è un omaggio a Looper, forse anche Nolan lo trova un gran film sui viaggi del tempo come scusa per quasi nascondere una metafora rilevante.
Come un’invasione aliena sul fronte interiore e nel “mondo”. La Catastrofe sarebbe presente anche se “gli oceani non si fossero alzati e i fiumi non si fossero seccati”. Polarizzazione degli intenti, winner takes all, poteri operativi senza controllo e supervisione sono tutti elementi del cocktail della Catastrofe.
Fantascienza due minuti nel futuro, una weirdness fondata su poche, immediate battute. Viene fornito un codice minimo, nessuno spiegone. Ehi, la realtà trema, le crepe, qualunque cosa le stia causando, sono lì davanti a tutti.
Esco dal cinema, ho indossato per tutto il tempo la maschera. C’è un finale, abbiamo bisogno di un finale perché noi pensiamo a un inizio e a una fine, non siamo “Alfa e Omega” nello stesso momento. Sembra un finale sospeso, ci è stato mostrato un frammento della “guerra” di Tenet, una battaglia. Altre chiaramente si sono svolte e si svolgeranno, insieme, tempo lineare e invertito sono inestricabili, gli occhi provano a elaborare quello che è anti-intuitivo. Qualcosa del fastidio alla novità, come elaborare i numeri della pandemia in corso, pensieri come proteggersi e prepararsi prima che una pandemia colpisca; è estate, fa fresco, non sembra che il pianeta si stia riscaldando. Forse Nolan poteva spingere di più, ancora, verso l’ultimo pensiero, quello che la realtà è un prodotto della coscienza. Magari al prossimo, lo scorrere dei kalpas. A questo punto mentre mi incammino verso casa cerco nella filmografia di Nolan gli indizi sul suo prossimo film.
Comincia con viviamo in un mondo crepuscolare; esci e ci sei dentro.
‘
L’ha ripubblicato su Downtobaker.
"Mi piace""Mi piace"